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Reddito di salvataggio

Mariella Vitale

L'economia globale ha affrontato nel 2008 la prima grave crisi recente, dalla quale alcune realtà locali non si sono riprese facilmente o non si sono riprese affatto. E ora, dopo due anni di pandemia, ecco tornare la guerra di stampo novecentesco nel cuore dell'Europa, che provoca una micidiale inflazione, sempre più alta, fino a raggiungere la doppia cifra, spinta dai prezzi dell'energia. Le conseguenze di questo scenario, tra le bollette che rischiano di mettere in ginocchio imprese e famiglie e le decisioni delle banche centrali, nel nostro caso della BCE, di alzare vertiginosamente i tassi d'interesse, nel tentativo disperato di riportare sotto controllo la situazione, lasciano intravedere un periodo di recessione e distruzione di posti di lavoro.
L'Italia in particolare, prima di imbattersi in questo tunnel, ha già attraversato un lungo periodo di bassa crescita, durante il quale, caso unico in tutto l'Occidente, i salari sono diminuiti rispetto al costo della vita. È possibile che ciò sia dovuto alla mancata introduzione di un vero sussidio di disoccupazione o reddito minimo garantito, anche qui, caso quasi unico in Europa? Sta di fatto che l'assenza di un sostegno minimo alla povertà, andando a togliere potere contrattuale alla manodopera in eccesso, ha avuto l'effetto da un lato di gonfiare la domanda di lavoro mantenendo bassi i compensi e dall'altro di foraggiare lavoro nero ed economia illegale. In questo modo l'economia italiana si è progressivamente ripiegata su di sé, in una spirale di bassa crescita, gettito fiscale depauperato dall'economia sommersa, aumento del debito, avanzo primario sempre più sostenuto grazie ai tagli, spesso irrazionali, alla spesa pubblica, ma assorbito dagli interessi sul debito, e danni incalcolabili al sistema paese arrecati proprio dalle sforbiciate a comparti fondamentali come istruzione, sanità, giustizia.


Pensavamo fosse tutto finito con la pandemia, invece il peggio doveva ancora arrivare. 

Nonostante appaia ormai chiaro a ogni persona ragionevole la necessità di una misura come il Reddito di Cittadinanza, sebbene non priva di evidenti storture, a maggior ragione in un paese come il nostro, in cui non ha mai lavorato (legalmente) più del 60% della popolazione tra 15 e 65 anni e in cui il tasso dei posti di lavoro (regolare) vacanti non va oltre il 2%, non sorprende il disprezzo e il rancore del ceto medio contro i percettori del sussidio, per diversi motivi. Quello italiano, diceva bene il poeta Saba, è un popolo ‘fratricida’, in cui alla straordinaria tendenza alla solidarietà interpersonale fa da contraltare una penosa mancanza di coesione civile, in cui il pregiudizio resta solidissimo e inscalfibile anche in presenza di corposa documentazione in senso contrario, alimentato da un inguaribile astio tra le diverse categorie professionali e ceti sociali.
In tutto il mondo da decenni si discute e si sperimenta in realtà ben altra forma di sostegno e di redistribuzione della ricchezza: il REDDITO DI BASE INCONDIZIONATO. Pressoché ovunque ne è stata verificata la validità nel sottrarre alla miseria molti senzatetto, alle sostanze stupefacenti e dipendenze varie molti che vi erano caduti, alla delinquenza molti piccoli criminali cresciuti nel degrado, ma in nessun caso esso ha sottratto al lavoro gli occupati che lo hanno percepito, eccetto coloro che se ne sono serviti per tornare a studiare per qualificarsi ulteriormente, oppure dedicarsi meglio ai propri figli. Molti hanno curato meglio anche la propria salute e si sa come la prevenzione sia del tutto auspicabile e conveniente, sia in termini di benessere che di risparmio sulla spesa sanitaria pubblica e privata.
Gli effetti positivi del RBI potrebbero essere ancor più evidenti forse nella più recente e robusta sperimentazione in territorio europeo, che avrà inizio il prossimo anno in Catalogna. Su questo e su tutte le notizie aggiornate, bibliografia, oltre che sui maggiori studi in materia, rimando al sito del BIN Italia (Basic Income Network), dov'è disponibile una vasta documentazione.
https://www.bin-italia.org/spagna-in-cosa-consiste-il-progetto-pilota-del-reddito-di-base-in-catalogna/
https://www.bin-italia.org/
Basterebbe dare una rapida scorsa alle informazioni disponibili per comprendere come il dibattito pubblico sia penosamente arretrato e privo di orizzonte. L'Italia, con la scelta del governo di eliminare gradualmente il RdC, si pone in decisa controtendenza rispetto alle raccomandazioni comunitarie europee che spingono per irrobustire le misure di sostegno alla povertà, in considerazione del periodo particolarmente duro che viviamo e che impatta più gravemente sui più deboli. Vale la pena di approfondirle per comprendere come la strada verso un Reddito di base incondizionato appaia segnata, ma ancora lunga.
https://italy.representation.ec.europa.eu/notizie-ed-eventi/notizie/reddito-minimo-serve-un-sostegno-piu-efficace-combattere-la-poverta-e-favorire-loccupazione-2022-09-28_it
Da questo punto di vista, quello europeo, altre considerazioni appaiono più incoraggianti: dopo che la fiammata inflattiva sarà stata riportata sotto controllo, le istituzioni dell'Ue non potranno non porsi il problema di favorire la ricostruzione dei pezzi di economia dei paesi membri che saranno andati in pezzi. Uno strumento importante potrà essere anche l'euro digitale, che si prevede di introdurre a partire dal 2026, se nell'ottobre del 2023 potrà dirsi conclusa positivamente la fase istruttoria attualmente in atto.
https://www.ecb.europa.eu/paym/digital_euro/html/index.it.html
Un euro digitale potrebbe essere uno strumento formidabile da un lato per l'ulteriore modernizzazione e digitalizzazione del sistema di pagamento, nel senso della comodità e della tracciabilità, che, contrastando l'economia sommersa, rappresenta la migliore alleata della redistribuzione delle ricchezze, dall'altro per l'accredito diretto e semplificato di redditi di base incondizionati nei paesi della zona euro.

Quanto costa NON combattere efficacemente le diseguaglianze?

La premessa a tutto questo è che la politica riprenda la buona abitudine di studiare le innovazioni, anziché riproporre stancamente ricette già vecchie o insufficienti. È necessario un cambio di mentalità per comprendere che non è più tempo di soluzioni riconducibili alle economie del secolo passato. Nell'epoca dell'automazione sempre più spinta, dell'intelligenza artificiale sempre più raffinata, della transizione ecologica e digitale, della sostenibilità, del lavoro precario e della irreversibile finanziarizzazione dell'economia, per rimettere in sesto le vite dei poveri, degli impoveriti e degli stessi ceti medi, per rimettere in piedi le economie locali e globale correggendo le insopportabili diseguaglianze, sempre più stridenti, il Reddito di base incondizionato sarà non solo opportuno, ma necessario e urgente.
Non ci si può più nascondere neppure dietro la stanca e ritrita argomentazione che costerebbe troppo, pretesto spesso accampato da commentatori poco avveduti, poco informati e poco avvezzi alle dinamiche macroeconomiche più complesse. I mezzi moderni possono permettere a governi e organizzazioni internazionali di combattere efficacemente l'elusione e i paradisi fiscali i quali consentono concentrazioni di ricchezza che già da tempo nulla hanno di congruo e ragionevole, se si ha davvero la volontà politica di farlo e la giusta determinazione. La vera domanda da farsi è piuttosto quanto costa in termini umani, economici, sociologici, politici e civili continuare a non fare tutto questo.
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