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La vignetta di copertina è apparsa sul canale twitter di Cani Sciolti, realizzata da Antonio Cabras

Serana Mottola

Dottoranda di ricerca in Linguistica all’Università “Parthenope” di Napoli.

Basta con la retorica della solidarietà alla Meloni!

Allora, facciamo a metterci d'accordo prima di tutto sul concetto di “solidarietà”.

Le donne sono continuamente bersaglio di insulti, offese e maltrattamenti solo in quanto donne, e questo lo sappiamo. Lo sanno bene anche tutte quelle politiche che, negli anni, sono state frequentemente oggetto di minacce e volgarità varie, da parte, in molti casi, della destra bella compatta, dei loro seguaci e di quei giornalini i cui titoli si ricordano solo per l'odio e lo schifo che sprigionano.

Non lo sa, evidentemente, Giorgia Meloni, la quale nel 2019 non ha neanche ritenuto di dover dare il suo sostegno alla commissione straordinaria contro odio, razzismo e antisemitismo proposta da Liliana Segre, e lei e i comparielli di FdI non si sono neanche alzati ad applaudirla (non so se mi spiego: Liliana Segre). 
Non lo sa Giorgia Meloni perché, a quanto pare, quando nel 2016 il suo compagno di merende elettorali Matteo Salvini portava sul palco di un comizio una bambola gonfiabile a simboleggiare Laura Boldrini o dava delle manifestanti minorenni in pasto ai suoi follower nel 2020 (tra gli episodi più recenti, ma c’è solo l’imbarazzo della scelta) o si lanciava in commenti allusivi contro Lucia Azzolina sui social nel 2019, stava distratta e non ha ritenuto di dover esprimere la sua “solidarietà” a queste e a tante altre donne. 
Non lo sa Giorgia Meloni, ed è l'unica conclusione possibile, perché altrimenti non si spiega come mai tutte le volte che Libero ha titolato cose tipo “La patata bollente” a proposito di Virginia Raggi (2017) o fantasiose offese poco velatamente sessiste contro Greta Thunberg o Carola Rackete (2019, 2020) sia rimasta indifferente alla cosa. 
Non lo sa Giorgia Meloni, perché sennò quando l’anno scorso il suo amico Vittorio Sgarbi ha chiamato “tr0ia” l'allora vice-presidente della camera Mara Carfagna avrebbe manifestato a gran voce la sua solidarietà femminile. 
Sulle uscite del suo patron Silvio Berlusconi sulle donne, poi, ci sarebbe da scrivere tesi intere, dal “Lei è più bella che intelligente” a Rosi Bindi (2009) al “culona inchiavabile” ricolto ad Angela Merkel (2008), ma non ricordo in nessuna di queste occasioni la grande “solidarietà” femminile, né tantomeno femminista, della leader di FdI.

Allo stesso modo, Giorgia Meloni non solo ignora le discriminazioni nelle quali annega la nostra società, ma non perde occasione di buttarci benzina sul fuoco, deridendo le coppie omosessuali e sminuendo le loro battaglie per i diritti che dovrebbero spettargli. Solo per citare qualche episodio, nel 2014 Fratelli d’Italia pubblicizzava una proposta di legge che vietava l’adozione a coppie omogenitoriali; nel 2018, durante un convegno, la Meloni si augurava che venisse inserito in Costituzione il divieto di adottare per le coppie omogenitoriali; nello stesso anno, sui manifesti elettorali del partito campeggiava lo slogan “Difendi la famiglia tradizionale”, e così va. 
Giorgia Meloni ignora anche, evidentemente, la storia, in quanto nel 2014 ammetteva candidamente di avere “un rapporto sereno con il fascismo”, e non risulta che in futuro si sia discostata da questa opinione o che abbia mai apertamente criticato i movimenti neofascisti (anzi). Per non parlare di quanta poca consapevolezza abbia, parrebbe, del peso delle parole, poiché lo scorso anno durante la pandemia è stata spesso in tv a definire l'allora PdC Giuseppe Conte un “criminale” e in tanti altri modi coloriti e minacciosi. 
Non mi dilungo, poi, sui toni ingiuriosi e violenti che lei, FdI e la destra italiana tutta riservano a chiunque abbia la pelle di qualche tono più scuro della loro ogni volta che ne hanno la possibilità: mi limiterò a menzionare lo spirito “solidale” espresso da Giorgia Meloni nel 2019, quando postò un video su Twitter in cui chiedeva di sequestrare e affondare la nave di soccorso Sea Watch e di arrestarne l’equipaggio.

Quand'è che, però, Giorgia Meloni scopre tutto questo? 
Quando tocca a lei, a quanto pare, ma più nello specifico quando certe cose vengono dette, a lei o ad altre donne, da qualcuno che non è suo alleato di partito. Nei tweet in cui ringrazia per la “solidarietà” ricevuta, la Meloni afferma che per lei, “donna e madre, politica e italiana”, significano molto. Ma perché, se quelle stesse offese fossero state rivolte ad una donna straniera e senza prole sarebbero state più accettabili? Non ce la fa proprio Giorgia Meloni ad evitare di strizzare l’occhio al suo elettorato fintamente nazionalista e sostenitore dei valori della famiglia (tradizionale), anche quando è lei stessa destinataria di ingiurie e volgarità. 

È fondamentale rifiutare un certo linguaggio e certi toni e considerarli inaccettabili e pericolosi, sempre, indipendentemente da mittente e destinatario. Francamente, però, una che di mestiere crea lei stessa questi toni e questo linguaggio, che aizza le folle contro l'“altro”, che appoggia e apprezza i neofascisti, che sminuisce il femminismo, promuove omofobia e discriminazioni razziali e ributterebbe a mare qualsiasi persona immigrata senza tutti i documenti in regola, questo moto di “solidarietà”, che tutti si sono affrettati a rivolgerle, non sono sicura che lo meriti. 
A mio modesto parere, rispetto e solidarietà si guadagnano, e non ricordo un solo episodio in cui Giorgia Meloni abbia fatto o detto qualcosa per meritarseli.

Fateci un piacere: quando volete criticare una professionista donna, non fatelo in modo sessista, volgare e misogino. Non soltanto perché traspare tutto il vostro amore per il patriarcato e la vostra incapacità di argomentare nel merito delle capacità di una donna e delle mansioni che svolge, ma anche perché poi noi, che questa retorica la condanniamo davvero 365 giorni all’anno, rischiamo di dover davvero difendere o esprimere “solidarietà” ad una come Giorgia Meloni. Almeno questa, cercate di evitarcela. Grazie.
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