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Andrea Maestri

Attivista politico

Contro la guerra, fidarsi della nostra Costituzione

Come sempre, nella Costituzione (art. 11) possiamo trovare la risposta, se riusciamo ad isolarci per un istante dal rumore di sottofondo.

“L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”

È in atto un’aggressione armata ad uno stato sovrano, che si sta difendendo, con le armi: vi è, dunque, un conflitto armato tra due paesi, una controversia internazionale cui occorre dare al più presto una soluzione.

La soluzione non può essere quella di alimentare con altre armi la guerra, perché la guerra è lo strumento cui le madri e i padri costituenti hanno detto definitivamente di no, dopo l’uscita dal secondo conflitto mondiale e dopo la lotta di Resistenza al nazifascismo.

Hanno scritto “guerra mai più” perché “ripudio” è esattamente il rifiuto di ciò che c’è già stato: abbiamo sperimentato il male della guerra, non vogliamo altre guerre.

L’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”

Qui la soluzione, l’unica possibile in un quadro di legittimità costituzionale: l’ONU e le forze internazionali di pace delle Nazioni Unite, i caschi blu, quale forza di interposizione tra le parti in conflitto. E accanto a questo, ovviamente sanzioni (per indebolire l’aggressore), solidarietà attiva e materiale all’aggredito (supporto alimentare, logistico, sanitario, di protezione civile), canali diplomatici. L’invio di armi - spacciato per aiuto a chi ha il diritto sacrosanto di difendersi - oltre ad essere contrario all’art. 11 della Costituzione e alla Legge 185/1990 (che vieta la cessione di armi a paesi in conflitto), è una soluzione sbagliata. Già mi sconvolge la disinvoltura con cui chi propugna l’invio di armi agli ucraini scavalca Costituzione e leggi della Repubblica. Ma dovrebbe essere chiaro a tutti, per stare a due teatri di guerra recenti come Libia e Siria, che aggiungere armi in un contesto di conflitto, aumenta l’intensità del conflitto e determina la reazione ancora più feroce (e forse definitiva) del più forte. Non si tratta affatto di stare a guardare mentre un popolo è aggredito militarmente e di fare i pacifisti da salotto. Si tratta di “fidarsi” della nostra Costituzione, non a caso nata sulle macerie della seconda guerra mondiale. Si tratta di fare tanto, tantissimo, tutto: tranne armare ulteriormente il conflitto in corso. Occorre evacuare i civili, accogliere i profughi, interporre i caschi blu, togliere la benzina dai serbatoi dei carri armati, applicare con fermezza le sanzioni economiche (che possono arrivare a paralizzare il gigante russo), attivare tutti i canali diplomatici. La guerra non finirà perché avremo armato fino ai denti la resistenza ucraina ma perché l’avremo resa un’opzione impraticabile o non più conveniente per la Russia di Putin. Per questo io sto con la Rete italiana per la pace e il disarmo, con padre Alex Zanotelli, con la Comunità di Sant’Egidio, con la Tavola della Pace, con l’Arci, con tutti coloro che credono che l’invio di armi sia ulteriore benzina sul fuoco del conflitto e allontani la sua soluzione. 

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