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Paolo De Martino

Redazione Resistenza Civile

Generazione Maneskin: la voce incazzata che fa bene all’Italia

La musica è sempre stata il megafono del tempo vissuto. Ascoltando una determinata canzone a volte riaffiorano i ricordi e ci si ritrova nel passato, come sospinti in un’altra dimensione. Per un attimo ci sembra davvero di rivivere quel preciso momento. 
Ma la musica è anche il tempo presente. 
Può sembrare che negli ultimi anni la musica internazionale e di riflesso quella italiana sia cambiata velocemente. Secondo alcuni, in peggio. Secondo me… non lo so. Non sono un critico e ascolto tanta musica, non sono un fondamentalista di qualche genere. 
Mi faccio condizionare dalle sensazioni e dalle emozioni che un’armonia mi trasmette e non dai tecnicismi. La miglior musica è probabilmente, davvero, quella che ti aiuta ad affrontare il mondo. Parafrasando il Boss.

Una cosa è certa: le produzioni musicali dei giorni nostri - quelle del mainstream e non - raccontano tanto. Rappresentano tanti. 
Per dirla tutta, dei Maneskin non comprerei l’album, ma il pezzo Zitti e Buoni è forte, vincente, coinvolgente e ben suonato. E loro sono forti. Il loro messaggio è chiaro, efficace e sincero. Li trovo un abisso più autentici delle maschere e dei travestimenti di Achille Lauro. I Maneskin irrompono, sono irruenti e prepotenti. 
Sono quello di cui ha bisogno la loro generazione per farsi spazio tra i dinosauri sociali italiani. 
“Vi conviene stare zitti e buoni…
Siamo fuori di testa, ma diversi da loro”. 
È più o meno come il non ci avrete mai come volete voi che cantavano i 99 posse con la canzone Anguilla uscita 20 anni fa. Quella, vera colonna sonora allora di una generazione che oggi è disillusa e scoglionata, stremata da una battaglia in cui si sono persi riferimenti e strade.

Ho la fortuna, grazie a Resistenza Civile, di confrontarmi spesso con i cosiddetti ragazzi di seconda generazione nati in Italia da genitori stranieri. Loro sanno cosa vogliono, non sono idealisti come noi, sono incazzati ma per davvero. Tra l’altro questa etichetta seconda generazione è anche stretta perché le loro battaglie sono anche dei figli di genitori italiani. Noi siamo cresciuti imparando la diversità, loro sono nati nel tempo della diversità: religiosa, di pelle, di cultura e di orientamento sessuale. 
Noi abbiamo accettato la modernità della comunicazione, loro sono la modernità. 
Anche mio figlio rientrerebbe nella categoria seconda generazione nato da una coppia mista di nascita. Lui sta imparando ad adattarsi in posti diversi intrecciando relazioni. E le sue canzoni preferite sono Cara Italia di Ghali e Soldi di Mahmood. La musica sta anticipando un’epoca che tarda a chiudersi, quella dei confini, quella dell'ipocrisia e del bigottismo. 

“Loro non sanno di che parlo
Voi siete sporchi, fra', di fango
Giallo di siga fra le dita
Scusami, ma ci credo tanto
Che posso fare questo salto
E anche se la strada è in salita
Per questo ora mi sto allenando”. 

Così inizia il pezzo che ha vinto in Italia e in Europa e i Makeskin lo cantano con rabbia e la loro è una rabbia consapevole e determinata. La loro musica e i loro atteggiamenti non sono folli, siamo noi che siamo noiosi. E come loro in Italia ci sono molti che in diverso modo raccontano il reale. 
Questa è l'Italia, è una mente contorta
Chiudi la bocca o ti levan la scorta
Informazione, sai, qui non informa
I razzisti che ascoltano hip hop
Qualcosa non torna”.

Per citare Salmo, uno dei più conosciuti e più criticati nell’ambiente rap. Sono molti a contestargli il suo sound rock e il suo essere più pop che hip. Intanto, la maggior parte di questi progetti nascono nelle periferie come è nel caso di Giolier, rapper napoletano in poco tempo divenuto virale e che già può vantare collaborazioni di prestigio. Giolier - Emanuele Palumbo, all’anagrafe - è un unicum nella scena per il suo flow innato tra barre taglienti di denuncia di una realtà difficile e di vita personale. Usa il dialetto napoletano con molta maestria tanto da adattarsi perfettamente anche ad un pubblico oltre regione. Ho citato solo alcuni dei nuovi musicisti, ma sono decine di artisti nuovi che affollano i canali social. E poi ci sono i veterani della scena rap come Marracash è tra i “padrini” della scena italiana, dopo un lungo silenzio è tornato con Status un album fatto di basi sorprendenti e potenti; Ghemon che rappresenta l'unione perfetta tra rap e cantautorato, rimanendo unico nel suo genere; Sfera Ebbasta che nonostante sia giovane, ma l’album Rockstar del 2018 è stato la consacrazione per il rapper milanese; il rap è anche femmina e al momento l'esponente del gentil sesso di cui si parla è lei, la donna dall'identità nascosta, Miss Keta che cela il proprio volto dietro a un velo ma non le manda di certo a dire. Sono davveri tanti, poi c’è tutta la scena che non appartiene al mainstrem, uno su tutti da citare è Dj Gruff, magari faremo un articolo solo sulla scena underground. 
Forse sono uscito fuori traccia ma quello che volevo dire è che forse è venuto il momento di mettere da parte la nostra spocchia nel criticare il superfluo. Ci sono canzoni discutibili, pensieri retorici o non condivisibili, ma chi dai nuovi musicisti vuole un saggio di sociologia o una summa morale, allora è chiaro: non vuole conoscere ciò che accade intorno a noi. 
È il momento della sostanza, delle idee e ascoltarle attraverso la musica vi darà il senso del tempo che viviamo.
 
W i Maneskin. 
W tutti quelli che hanno qualcosa da dire e sono incazzati. 

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