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Mari Miceli

Avvocato e autrice di pubblicazioni scientifiche

Il sessismo al femminile. In risposta a Concita De Gregorio

Il fenomeno della violenza di genere trova il suo fondamento nel tessuto socio-culturale in cui nasce e si propaga.

L' articolo di Concita Di Gregorio ci da' un' analisi del rapporto tra uomo e donna riproponendo un clichè trito e ritrito.

Ricordiamo che alla base del processo evolutivo che ha consentito di approdare negli anni novanta al protocollo sulla politica sociale allegato al Trattato di Maastricht, vi sono  le linee guida disposte sulla realizzazione delle pari opportunità tra sessi.

Con la ratifica del Trattato di Maastricht, sono state adottate diverse Direttive e Raccomandazioni nei settori nevralgici del lavoro a tempo parziale, dei congedi parentali nonché della partecipazione delle donne ai processi decisionali.

Nel 1996, la Commissione europea, nell’ambito del quarto piano di azione sulle pari opportunità tra uomini e donne, nella Comunicazione “Incorporating Equal Opportunities for Women and Men in to All Community Policies and Activities” ha indicato come impegno formale quello di indirizzare le politiche comunitarie verso l’obiettivo di promuovere l’uguaglianza di genere. Nasce il principio del gender mainstreaming: una nuova strategia nella quale la parità tra sessi non è più considerata quale specifica area di intervento tra tante, ma una finalità che permea di sé tutti i possibili settori di intervento pubblico (occupazione, istruzione etc.). Si impone, in altri termini, alle pubbliche autorità, prima di procedere all’assunzione di una certa misura, di valutare l’effetto discriminatorio che dalla stessa possa conseguire, in un’attività di prevenzione volta a migliorare la qualità e l’incisività delle proprie politiche antidiscriminatorie.

Ricordandiamolo magari a Concita!

Il gender mainstreaming approach viene definitivamente consacrato nel Trattato di Amsterdam del 1997. In particolare, gli artt. 2 e 3 riconoscono la “pari opportunità di genere” come obiettivo fondamentale dell’Unione, che funga da principio guida in tutte le scelte politiche dell’UE.


Trattasi, tuttavia, di disposizioni di principio, che rappresentano l’affermazione all’impegno del perseguimento di siffatta strategia ma incapaci di creare diritti o aspettative azionabili.

La svolta è riferibile nella direttiva 2002/73/CE, nella quale il legislatore comunitario rivolge un esplicito invito agli Stati membri a considerare la parità di genere quale obiettivo da perseguire nell’attività di formulazione ed attuazione di leggi, regolamenti e atti amministrativi e, in generale, nell’attività politica tutta .

Trattasi di un significativo cambio di prospettiva: il gender mainstreaming, da principio programmatico, si trasforma in un comando normativo espresso, anche se la sua imperatività risulta mitigata dalla portata dello strumento precettivo che lo prevede, che, com’è noto, obbliga gli Stati membri al raggiungimento di un risultato, lasciandoli liberi nelle modalità di realizzazione.

Il Trattato di Lisbona, infine, ne rafforza l’efficacia cogente, qualificandolo quale valore fondante dell’Unione (art. 1), obiettivo primario da perseguire (art. 2) e principio cardine di tutta l’attività politica del consesso .

Le fattispecie in esame sono state sottoposte al giudizio di costituzionalità per violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 14 Cost., in un ordinamento nel quale la diversità di genere non è considerata un generale criterio di discriminazione.

La Corte Costituzionale, ha respinto le censure attraverso i postulati della dottrina delle azioni positive.

Sulla base di questi, è riconosciuta la legittimità di una legge con la quale il parlamento abbia realizzato un’azione positiva non diretta nei confronti di una donna in quanto tale, ma in quanto vittima della violenza di genere perpetrata ai suoi danni.

Non tutte le differenze di trattamento di una legge presuppongono, infatti, una violazione del principio di uguaglianza: quest’ultimo non prevede la pedissequa applicazione del principio analogico ma, anzi, esige che a presupposti di fatto diseguali, si applichino diseguali conseguenze giuridiche. Il principio di uguaglianza, quindi, non impedisce diversità di trattamento ma solo quelle che risultino artificiose o ingiustificate perché non fondate su criteri razionali di distinguo.

Lo scopo delle modifiche agli artt. 147 e 148 c.p. è infatti la tutela della donna in un contesto nel quale, evidentemente, non risulta sufficientemente protetta, perché caratterizzato, ab origine, da una situazione di asimmetria e disuguaglianza.

L’introduzione di gender specific provisions, pur nella consapevolezza che l’aggravamento sanzionatorio non può rappresentare l’unico strumento per risolvere il fenomeno della violenza di genere, fanno dell’ordinamento spagnolo un modello all’avanguardia oltre che nelle tecniche di tutela, anche nelle prospettive di politica legislativa, dirette all’uguaglianza tra sessi.

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