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Aldo Putignano

Scrittore ed editore Homo Scrivens.

Il tempo del libro. 

In questi mesti mesi di chiusura, in questo asserragliarsi ansioso nelle proprie case, inseguendo come una chimera la normalità di una vita già trascorsa, molti di noi hanno chiesto alla lettura un attimo di tregua, una fuga voluta e consapevole verso mondi altri, lontano da qui. Il libro come una finestra, per portare aria ai nostri sogni, mai così blandi, per trasportarci nel tempo e nello spazio, per evadere, semplicemente.
È sempre stato così.
Il libro ha sempre fatto questo: incurante della sua fragilità materica, ha costruito argini all’imbecillità, ha alimentato dialoghi, ci ha insegnato a riflettere inconsapevolmente. Non esiste mezzo di trasporto più efficace e più a buon mercato, non esiste forma tecnologica più evoluta, capace di contenere idee, progetti, formule e manifesti in un così piccolo contenitore e sottrarli ai capricci del tempo senza altro supporto, senza alcun rischio di desuetudine di quel che lo include. Già, quanti prodigiosi computer sopravviveranno a un blocchetto di pagine rilegate, magari al loro stesso manuale di istruzioni? 
Nel libro quel che è astratto diventa concreto, e può essere comunicato: è lo strumento principe della grande invenzione umana, la scrittura. Ogni messaggio può transitare in un libro, ma il libro in quanto tale non si limita a questo, non si accontenta di aggiungere in memoria una serie di dati irriflessi, ci obbliga a ragionare, a metterli in ordine, a includerli in un continuum logico che è la vita di tutti noi.
Quando ripetiamo come un rosario che il libro è in crisi, ci nascondiamo che in crisi siamo noi, non il libro, il libro fa la sua vita, vegetale forse, ma che gli importa, è uno strumento, e se noi non siamo in grado di usarlo lui aspetterà placido nuovi utenti, sai cosa gliene frega a lui di noi! Noi che ci priviamo della capacità e della forza di riflettere, noi che per andare più veloci delle nostre gambe non siamo più consapevoli della direzione, noi che facciamo fatica a mettere ordine in quel diciamo e pensiamo, al punto da domandarci se davvero pensiamo ancora o siamo troppo occupati a riflettere pensieri altrui, noi che non riusciamo a concentrarci, e di conseguenza, a leggere.
Il libro va avanti, pian piano, perché è un mezzo lento, ma va avanti per la sua strada, mentre il nostro tempo è diventato un cerchio, e ogni passo ci avvicina a dove eravamo. 

In questo periodo di crisi manifesta (altre sono state ignorate), il mondo del Libro si è trovato spesso a interrogarsi sulla sua sorte. Con qualche speranza: forse che ora, non potendo far altro, lo riscopriranno, riscopriranno il piacere della lettura? Con qualche timore: se ogni crisi aumenta la richiesta di beni essenziali, saremo definitivamente relegati nel superfluo? Con un pizzico di fiducia: troveremo noi la soluzione per dare al libro la sua giusta visibilità. Ed ecco allora in tanti a parlare del libro, in video o in videoconferenza, invece di usare lo strumento. 
Perché la soluzione era facile, e chiara a tutti: la tecnologia. Già, il nemico giurato della diffusione del libro sarebbe stato il suo più ovvio alleato. Come se Diabolik per metter su un nuovo colpo chiedesse a Ginko di aprirgli la banca.
Chissà perché si pensa che la televisione, il cinema, internet, siano strumenti neutri, quando invece propongono una forma di comunicazione alternativa a quella del libro. 
E ben venga! Perché non dar valore alle alternative? Chi mai, sano di mente e di formazione, pensa che si possa ragionare e vivere in una maniera sola? 
In alcuni casi si è spostato on line la promozione del libro, perfino il Salone di Torino ha traslocato su You Tube. E hanno iniziato a fiorire videopresentazioni, incontri di lettura su ogni tipo di piattaforma, contenuti social. Perfetto. Bellissimo. Così si fa. 
Mettere la tecnologia al servizio del libro: è così che si fa e così si è sempre fatto, sia sufficiente richiamarsi alla produzione materiale della scrittura e del libro stesso: nessuno s’impapira più e neppure alcuno più si affida a una pur elegantissima e ammaliante macchina da scrivere. Sebbene pensi che scrivere a mano e poi ricopiare al computer sia ancora la soluzione migliore, sto scrivendo questo pezzo direttamente al computer. E la stampa? Tutto fin troppo ovvio. 
L’importante è che un blog rimandi a un libro, e non ad altre attività on line, e che una videopresentazione non sia l’ennesimo modo stucchevole di esaltare il narcisismo di chi si manifesta. Generalizzare però non avrebbe senso: si conceda dunque l’attenuante della buona fede e si asfaltino pure nuove vie. Una critica non rigorosa è come un banco di nebbia, nasconde pregi e difetti alla stessa maniera: se davvero vogliamo vederci chiaro è la prima cosa da evitare. 

C’è però chi ha sperato, in questo momento di crisi conclamata e manifesta etc etc, di poter riprendere e portare avanti una soluzione diabolika: cambiare l’oggetto libro. 
Quanti addetti al lavoro si son (ad)detti speranzosi: che fosse questo il momento di rilanciare l’e-book? E giù a citare i dati clamorosi di Amazon che sta ammazzando le librerie etc etc confondendo allegramente il commercio elettronico con la composizione elettronica del libro, e non so proprio spiegarmi come questo di sovente accada. 
Ogni dato andrebbe discusso e contestualizzato, ma qualcosa ci vien detto anche a una sommaria analisi, e le ripetute difficoltà dei libri elettronici sono state più volte ribadite, né essi hanno tratto giovamento dalla pandemia (cinici bastardi, mentre il libro cartaceo è così puro…) 
Appena un chiarimento, che pur mi appare superfluo ma non si sa mai: ben vengano i libri in forma elettronica, siano lodate le alternative, si usi la tecnologia al servizio del libro! Però il libro su carta è altro. Già i lettori (dicono i dati, e col passar del tempo son sempre più ciarlieri) hanno compreso che un libro elettronico può convivere con uno su carta, offrendo per lo stesso titolo modalità diverse e sovrapponibili di fruizione, piuttosto che sostituirlo del tutto. La strada giusta potrebbe essere differire le potenzialità d’uso, aggiungendo altro più che riprodurre l’identico, sfruttando in quest’ultimo caso le solo abituali differenze d’uso (l’assenza di peso, la portabilità etc etc). E mentre alcuni editori si incamminano per questa strada o ne cercano altre, un dato ancora conferma una tendenza: nonostante la crisi e l’isolamento, non c’è stato un significativo aumento, non solo nella vendita, ma ormai anche nella produzione di libri elettronici. Il mercato si è fatto sentire, c’è un tale abuso di contenuti on line che un libro elettronico nessuno vuol pagarlo, e allora gli editori si son detti: perché farsi male da soli, dal momento che già produciamo libri, e fuori c’è anche un virus che soddisfa appieno il nostro masochismo?

Perché il libro su carta è altra cosa. Invecchia, innanzi tutto, come noi. Ha un corpo come noi, ha una storia, e nel tempo si riempie della nostra storia.
E poi è vecchio, è un sistema vecchio. Ed è questa, forse, la sua forza. Mentre fuori tutto cambia, veloce, è diventato simbolo della resistenza, a certi tempi, a certi valori, ma valori umani, non sociali. Perché il libro è alimento della fantasia, è antidoto alla passività del pensiero, è principio di creazione, e come tale è innovazione, sempre. Ma se i suoi contenuti (di cui è strumento) sono in potenza innovativi e sono la prima piattaforma di lancio verso il futuro, la sua fruizione non cambia, e ci impone una regola di vita che è anche la prima regola del pensar bene: occorre concedersi il proprio tempo. 
È solo per questo che un libro non è per natura un oggetto di massa, se non come simbolo e forma delle idee che contiene, perché ogni libro sussurra qualcosa a ognuno di noi, e non ha alcuna voglia di alzare la voce. Siamo davvero in crisi se non riusciamo più ad ascoltarlo. 

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