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Yasmin Tailak

Studentessa italo palestinese 


Attenti alla lupa.

Una maestra d'asilo, una donna, anzi una giovane donna, è stata costretta a lasciare il suo lavoro perché il suo corpo, la sua sessualità e il suo piacere è stato reso oggetto di chiacchiericcio, malcontento, pettegolezzo e scandalo. Non per sua volontà. Per un desiderio altrui, un voyeurismo cattivo e pruriginoso, di chi ha messo in pubblica piazza immagini private, e di chi, avendole viste, ha ritenuto opportuno scaricare su questa ragazza, colpevole – udite, udite – di aver fatto sesso, la moralistica e angosciante paura della sessualità femminile.
Due anni fa questa ragazza ha dovuto fare i conti con una storia che avrà già letto mille volte sui giornali, e si è trovata, da sola, ad affrontare il peso di essere consapevole che le sue immagini intime, private, erano state sdoganate e viste non più solo dagli occhi a cui aveva concesso di farle vedere, ma da molti altri occhi, che di certo non ne avevano il permesso. Avrà dovuto immaginare le risate, i commenti, gli scambi, il degrado di imbarazzanti giudizi su un corpo – il suo – su cui non aveva più potere assoluto.
Oggi questa donna sta cercando giustizia, sta cercando di essere risarcita da chi ha permesso una violazione così invasiva della sua vita più privata, e di vedere finalmente gli autori e le autrici dell'infamia a processo.

Ora, ci si spiegano davanti agli occhi due strade per analizzare i colpevoli reali dell'estromissione di questa maestra dal suo ruolo, e della vergogna che le si è schiacciata sulle spalle in questi due anni dalla diffusione delle immagini della sua intimità.
Una riguarda l'autore della diffusione: il suo ex fidanzato, l'uomo di cui lei si era fidata, a cui aveva consegnato per un piacere personale, o per motivi che riguardano solo lei e che non devono interessare nessun altro, foto e video del suo corpo e della sua sessualità.
Non è una novità, questa.
Non lo è stata quando abbiamo dovuto fare i conti con il doloroso suicidio di Tiziana Cantone, o quando abbiamo dovuto assistere con dolore e preoccupazione allo sbocciare dei canali Telegram in cui fidanzati ed ex fidanzati guardoni si scambiavano le nudità delle donne senza il loro consenso, e quasi sempre senza che queste donne nemmeno lo sapessero.
Come se fosse una gara. Come se fosse lecito scambiarsi le medagliette della vergogna di essere dei traditori nel senso più letterale del termine, che è traditóre s. m. (f. -trice, pop. -tóra) [lat. tradĭtor-oris, propr. «chi consegna», e in particolare «chi consegna con tradimento.» [cfr.Treccani].

L'altra strada da battere è quella che ci porta all'analisi del contorno.
Perchè in questa storia c'è lei, la vittima, lui, il traditore, colui che ha consegnato, e poi c'è un contorno non indifferente, fatto di amici dediti a ridacchiare sulle foto di una ragazza, delle loro mogli scandalizzate dalla sessualità della maestra, e di una società che riconosce a quest'ultima l'unica colpa, quella di vivere il suo corpo come desidera, e di non ritenerla più adatta a svolgere il suo lavoro, cioé badare ai bambini.
Ma chi ha paura del sesso delle donne?
Avevamo pensato che fosse finito il tempo delle lupe, dei racconti verghiani su donne sensuali e libere che rompevano i tabù della società, e che, per colpa del loro essere anche erotiche, venivano cacciate, messe ai margini, non riconosciute persino o soprattutto dalle altre donne, depositarie della castità e della virtù che gli uomini avevano sedimentato in loro.
Avevamo pensato che fosse finito anche il tempo delle comari livorose che corrono a denunciare ai gendarmi la carnalità di Bocca di Rosa, troppo incomprensibilmente libera di vivere il suo corpo come le pareva, così inspiegabilmente paga di essere anche carne che pulsa e che desidera, così tanto felice di vivere la sua intemperante natura da dover essere punita dall 'ordine costituito'.
Invece dobbiamo fare ancora i conti con questa verità, orribile, tutta da cambiare, con questo immaginario santo e puro del femminile che deve vivere il sesso o come una vergogna imbarazzante, o come qualcosa da nascondere a costo della propria vita, in questo caso professionale, o come qualcosa che dev'essere dedicato alla riproduzione familiare e basta.
Non è scontato che a farne le spese, ora, sia una maestra d'asilo, il ruolo che più di tutti viene associato alla cura del bambino, e in quanto tale, ad un'estensione della maternità, una sua propagazione al di fuori delle mura domestiche.
La sociologa e filosofa Silvia Federici parla di “purificazione del ruolo materno da ogni elemento erotico” e della costruzione sociale del ruolo di moglie-madre, a cui “è stato concesso solo il piacere dell'amore concepito come sentimento non contaminato dal desiderio sessuale”, tipica della società moderna liberista. Al di là dell'essere donna, e quindi sessualmente irrilevante in un mondo che ha fatto del desiderio femminile un mistero non da comprendere ma da combattere, è l'essere madre, o sostituzione della madre, a determinare necessariamente il sacrificio del proprio erotismo, o la gogna, se esso è, in qualunque modo, manifesto.

La strada è ancora lunga. Instituire un reato per revenge porn, per quanto fondamentale sia, non basta. La determinazione della colpa giuridica non è sufficiente. Non è più sufficiente neanche la solita litania – utile al nostro sdegno, e sicuramente irrinunciabile – sulla mentalità da cambiare, sull'educazione sessuale da attivare nelle scuole, sull'educazione al rispetto da impartire ai figli maschi.
Bisogna stravolgere totalmente il paradigma che vede il corpo di una donna o come puro e santo, o come sporco e pericoloso. Abbattere il dualismo di significato che oppone il corpo angelico e desessualizzato della madre al corpo libidinoso e scandaloso della puttana è possibile solo se iniziamo a parlare della sessualità femminile come di qualcosa di normale, naturale, variegato e reale.
Che si può essere madri e avere una vita sessuale fantastica.
E si può avere una vita sessuale fantastica e adorare i bambini, ed essere le migliori maestre possibili con loro. Che si può essere madri e non averla, una vita di sensualità ed erotismo, senza che questo dato diventi ordine e costrizione per tutte coloro che vogliono vivere liberamente il proprio piacere.
Che possiamo essere lupe e bocche di rosa senza comari e senza gendarmi.
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