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Serana Mottola

Dottoranda di ricerca in Linguistica all’Università “Parthenope” di Napoli.

Informazione e non. Astrazeneca al setaccio

“Caos”, “dubbi”, “choc”, “scontro”. Se date un’occhiata alle prime pagine dei quotidiani nazionali di oggi, 11 giugno 2021, queste sono le parole più frequenti che troverete nei titoli in riferimento alla somministrazione del vaccino AstraZeneca ai e alle giovani. Alla base di questi titoli c’è la morte, avvenuta ieri, di una ragazza ligure di 18 anni che era stata vaccinata con AstraZeneca un paio di settimane prima, in occasione di un “open day” (su questo obbrobrio terminologico mi soffermerò più avanti).

“Chi chiede scusa?”, ci si chiede sulla prima pagina de Il Fatto Quotidiano. Su Libero si rivolgono “due-tre domande” ai presunti responsabili, mentre il direttore di Domani ne fa una questione di scelta tra “egoismo e responsabilità”. Ma la responsabilità di chi, ci chiediamo tuttə? Assistiamo ormai da mesi ad uno scaricabarile continuo tra regioni e governo centrale, tra governo centrale ed istituzioni europee, tra istituzioni europee e agenzie del farmaco, al punto che porsi queste – legittime – domande a giugno 2021, dopo quasi un anno e mezzo di pandemia e più di 6 mesi di somministrazione di vaccini, è a dir poco stucchevole. Ancora oggi, tanto gli scienziati e le scienziate quanto gli organi competenti invece di fornire risposte sollevano nuovi dubbi e creano fazioni: qualcuno sta con il generale Figliuolo, qualcun altro è dalla parte del Ministro della Salute, altrə ancora spalleggiano il proprio governo regionale. Se è più che lecito che i giornali rivolgano delle perplessità alle istituzioni e alla politica, è indegno che chi dovrebbe decidere scarichi la responsabilità di scelte che riguardano l’intera collettività su singoli individui. 

Per quanto riguarda la responsabilità, le persone giovani e giovanissime nell’ultimo anno e mezzo se ne sono sentite dire di tutte. Prima erano additate come colpevoli del contagio e della morte di chissà quanti anziani, per i loro comportamenti scellerati e irresponsabili; recentemente, poi, sono state ritenute responsabili anche del presunto fallimento del settore alberghiero e della ristorazione, poiché rifiutano di lavorare per tutta l’estate per 10 ore circa al giorno, senza riposo settimanale, senza contratto o con un contratto finto e per una paga da fame; infine, ora che la somministrazione dei vaccini procede spedita e che è stato deciso (da chi, nello specifico, non è dato saperlo) che anche i più giovani potevano essere vaccinati, un po’ vengono colpevolizzate perché si affrettano a vaccinarsi solo per poter tornare a gozzovigliare per strada – perché, voi a 18-20 d’estate cosa avevate voglia di fare? – e un po’ si celebrano come salvatori e salvatrici della patria, poiché stanno aderendo con convinzione e rapidità alla campagna vaccinale. Insomma: l’Italia è un paese di vecchi, con un sistema verticistico composto da vecchi e nel quale le decisioni le prendono i vecchi. La responsabilità, però, è tutta dei e delle giovani. 

Nonostante le giravolte decisionali e il bombardamento mediatico pro e contro i vaccini, quindi, i e le giovani accorrono in massa a vaccinarsi, soprattutto in quella apoteosi di deresponsabilizzazione da parte degli organi competenti e dei governi (regionali, pare, in questo caso specifico) che sono gli “open day”. Il termine stesso fa pensare ad una sorta di svendita all’ingrosso, a dei saldi imperdibili per i quali devi collegarti sulla piattaforma appena si aprono le prenotazioni e caricare e ricaricare ossessivamente la pagina finché, forse, non riesci a prenotarti. Un po’ come si fa – si faceva, sic! – per i biglietti dei concerti, dove devi accaparrartene uno prima che finiscano. Eppure, di vaccini dovrebbero essercene per tutti e tutte, e soprattutto ognunə di noi dovrebbe ricevere quello più adatto alla propria persona (non alla propria categoria professionale). Il preavviso per queste giornate di vaccino-casuale-se-hai-culo è a dir poco scarso e non sembra esserci una programmazione, anzi: l’impressione è che si organizzino queste sessioni vaccinali solo perché nella struttura in questione ci sono delle dosi che rischiano di andare buttate. Non proprio invitante, come piano.

Tutto questo è acqua al mulino dei no-vax e del complottismo, ma anche a quello di chi ha delle comprensibili preoccupazioni e perplessità e non è necessariamente un sostenitore della correlazione tra vaccini e 5G. In questa sovrabbondanza di informazioni allarmanti e contrastanti, che così informative non sono, è un miracolo che la risposta ai vaccini sia così positiva. Questa responsività, però, può scemare in un attimo se invece di fornire risposte alla cittadinanza le verranno poste più domande, alle quali sono poche le persone ad avere le competenze per rispondere. Forse sarebbe più rispettoso e dignitoso sforzarsi di dare informazioni che siano davvero tali, anziché alimentare l’allarmismo e la colpevolezza da tutti i lati.  

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