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Irina Di Ruocco

Ingegnere e appassionata di arte

Una visione “materialista” delle stazioni dismesse: da materia di riuso tecnologico a materia di governance

È interessante capire quale potrebbe essere il ruolo e la funzione delle ferrovie dismesse all’interno di un altro contesto, ovvero quello materiale. In che modo? 
Le stazioni, luoghi di ieri e incubatori del domani, sono una testimonianza della trasformazione dello scorso secolo e di come si evolverà la società. Basti pensare al fiume di ciottoli che si destreggia o si inerpica con inerzia lungo i luoghi tanto citati da Franco Arminio (cfr. La cura dello sguardo, 2020) per comprendere il fascino perduto di questi luoghi.
Come suggerito da Ingrid Paoletti (cfr. Siate materialisti!, 2021) la “trasformazione della materia diviene luogo di interesse economico e di spazio”, il luogo della stazione si materializza attraverso un processo di evoluzione e progresso economico-sociale. Ma soprattutto, per comprendere il senso materiale, prima del potere immateriale di esse, è utile considerare la sua forma materialista cioè che le stazioni diventano uno scenario di assoluta ricerca del connubio tecnologico con il paesaggio e l’urbano. La rigenerazione delle stazioni e delle ferrovie dismesse comporta innovazione tecnologica ma anche spaziale. Ripensare lo spazio si traduce quindi in una nuova emotività creativa ossia di immaginare una vita pulsante degli edifici dismessi che a sua volta innesca fenomeni sociali di inclusione. Si tratta di un viaggio nel quale pubblica amministrazione, privati e collettività convergono nel riuso spaziale. Il termine riuso è oggi molto diffuso nella pianificazione delle ferrovie dismesse, e lo è sotto la componente materiale, tecnologica ed immateriale. Il ruolo sociale delle stazioni risiede nella loro futura visione. In tema di nuove risorse e dell’attuale PNRR, diventa automatico riflettere sul riuso ecologico dei vuoti. In questa ottica, le stazioni dismesse possono rappresentare alcune delle direttrici per lo sviluppo del Mezzogiorno in chiave di turismo sostenibile. Sempre più frequentemente l’individuo ha spostato il suo baricentro preferenziale verso nuovi indotti: aree museali, percorsi verdi, esperienze paesaggistiche. Ciò dimostra un cambio di direzione in cui l’individuo sostituisce la città per riscoprire le aree interne, definite come luoghi di interesse storico-culturale di grande pregio e in riscoperta grazie alle strategie nazionali (SNAI - La Strategia Nazionale per le Aree Interne). Le strategie del Piano fungono da iniziative per lo sviluppo, la coesione territoriale con l’obiettivo di limitare i fenomeni caratteristici di tali territori quali marginalizzazione e declino demografico. Le ferrovie dismesse possono essere un volano per la ripresa territoriale delle aree interne, con i benefici di ripresa economica declinata nelle diverse vocazioni delle distinte e precipue identità culturali. Riscoprire i luoghi connessi dalle ferrovie dismesse consente di ritornare indietro nel tempo con uno sguardo al futuro: andare lenti pur muovendosi è un privilegio, andare lenti è attraversare e passare su una stazione impresenziata, riscoperta, rivalutata. (Franco Cassano, Il Pensiero meridiano, 2006)
Relativamente alla questione urbana, ci si rende conto che si tratta di un complesso archetipo dello spazio visivo. Le nuove politiche strategiche, l’esigenza di rispondere agli obiettivi europei, e il nuovo desiderio di guardare gli spazi urbani esistenti, ha radicalmente cambiato il modo di intravedere le ferrovie dismesse. Ma se da una parte c’è l’entusiasmo di cooperare e di sperimentare nuovi approcci su questi spazi, dall’altro c’è l’incontro delle opposizioni delle ‘parti interessate’. Certamente, nulla comporta un’opposizione così forte come per una costruzione ex novo delle ferrovie o di altri progetti. Ma oggi, si manifestano piccole sindromi anche per riconversioni di aree abbandonate. In aggiunta, la dimensione urbana dei progetti è da prendere in considerazione in relazione a cambiamenti di mercato, di strategie, tenendo conto di fenomeni di decentralizzazione delle aree urbane sia delle manifestazioni delle parti interessate.
La questione urbana o meglio “territoriale” delle stazioni dismesse è un discorso in cui si mescolano dimensione, vocazione territoriale, morfologia, accessibilità delle infrastrutture, e pertanto, tali elementi, hanno reso e rendono ancora oggi critico la riconversione e la fruibilità di questi spazi.
Il riuso ecologico riconosce le infrastrutture verdi come risorse preziose per la città e per il territorio in cui sono inserite, promuovendo le linee strategiche adottate dai piani territoriali per la riduzione di consumo di suolo, in quanto gli spazi (differentemente dalle aree industriali dismesse) consentono di essere riqualificati con un minimo intervento economico, in parte sfruttando il materiale esistente per progetti sostenibili ed in parte di utilizzare le geometrie già definite dall’infrastruttura stessa.
La questione urbana delle stazioni dismesse è un tema in fase avanzata in Paesi Europei quali Olanda, Germania, Francia, Spagna. Altrettanto interessante è constatare come le stazioni dismesse siano da qualche anno oggetto della progettazione europea che studia il riuso delle stazioni ferroviarie abbandonate, output dei feasibility studies della governance europea. 
In questo modo, la progettazione europea promuove e propone recommendations mirate a supportare la realizzazione di progetti sul riuso adattivo del green heritage. Le stazioni dismesse sono diventate sempre più costantemente oggetto di discussione per “policy makers”, pianificatori, heritage strategist, governi a più ampia scala.
La progettazione in ambito europeo testimonia il potenziale delle heritage green infrastructure visto che sono inserite nei percorsi di sviluppo turistico-ferroviario. Si tratta delle famose “interrail campaign” le quali oltre a promuovere la sostenibilità delle infrastrutture ferroviarie in uso ed agevolare la quota modale del ferro rispetto ad altri mezzi, inseriscono le stazioni dismesse in tappe culturali lungo i percorsi promossi.
Pertanto, è lecito ‘considerare le stazioni dismesse’ come reali opportunità di promozione ‘inclusiva’ del territorio. L’interesse del tema delle greenways nei piani europei crea maggiori opportunità di studio e di iniziative sul riuso degli spazi a servizio della comunità, pubbliche amministrazioni e privati.
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