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Alessandro Zampella

Docente e attivista

La deriva definitiva di Articolo 1

La storia di Articolo Uno è tutto sommato semplice: nato quattro anni fa in funzione antirenziana, celandosi dietro il presunto tentativo di offrire al paese una prospettiva socialdemocratica, rimbalzando tra un progetto e un altro - LeU, la cosa rossoverde, il partito ecosocialista - e senza mai presentarsi alle elezioni in maniera autonoma - come dimenticare le due candidature nella lista PD alle ultime europee - ha rappresentato la volontà di un gruppo dirigente (affettuosamente battezzato "miniditta") di perpetuarsi nel tempo, obiettivo raggiunto anche grazie al miracolo del Papeete e alla successiva partecipazione agli ultimi due governi.

Il segreto di pulcinella, che però nessuno afferma con la dovuta chiarezza, è che questo gruppo dirigente nazionale ha smesso da tanto tempo di ragionare in maniera autonoma e da almeno due anni cerca di capire come saldarsi ad altre formazioni politiche - rientro nel PD opzione più gettonata, ultimamente è spuntata perfino l'idea di agganciarsi all'amatissimo Conte - e soprattutto come giustificare questa scelta con iscritti ed elettori. Ovviamente, nei fatti, nulla è stato realmente discusso e nessuna decisione è mai passata attraverso veri passaggi democratici, compresa l'idea ormai giudicata fatale e inesorabile di allearsi strutturalmente al Movimento 5 Stelle, perché lo scopo finale, anziché offrire agli italiani una visione e una piattaforma politica basata quantomeno su idee, metodi e valori comuni, è "battere la destra", con cui intanto si governa (per i grillini peraltro è un'abitudine).

Ogni scelta nel tempo è stata quindi sacrificata alle esigenze romane e nazionali e quanto successo la scorsa estate ne è l'esempio massimo: il progetto di una lista alle elezioni regionali campane, inizialmente certo più forte e significativo, è tramontato perché, di punto in bianco, qualcuno - al secolo Roberto Speranza - ha deciso che non era più opportuno, in barba a chi sul territorio si era impegnato da mesi per un appuntamento che non si prepara certo in due giorni. Quanto successo dopo se possibile è ancora più grave: pur con tutti i suoi limiti, nata nel giro di due mesi, la lista di Democratici e Progressisti Campania è stata un'ancora di salvezza per chi si riconosceva in un determinato orizzonte. Avevamo generato entusiasmo, creato un progetto in cui credere e che aveva raccolto un po' di amici e compagni, un nuovo punto di partenza che poteva avere senso anche per l'imminente e importante appuntamento amministrativo napoletano. Ma siamo bravi a farci male da soli, e quindi a Roma e a Napoli si è deciso in maniera più o meno palese che quest'esperienza andava cancellata, perché finalmente, dopo quattro anni dalla nascita, bisognava concentrarsi sul sacro partito (quello mai presente sulla scheda elettorale)! 
Risultato: da un lato la mortificazione e la mancata valorizzazione di chi si è impegnato e ha prodotto risultati e dall'altro l'inevitabile allontanamento di tanti - penso ad amici come Mario Visone, ai Repubblicani Democratici, all'affascinante esperienza di ONDA e così via. Ciliegina sulla torta: nuovi simboli si affacciano all'orizzonte, perché dopotutto è bello ripartire da zero e dire ogni volta agli elettori: questa volta è quella giusta.
Per me però può bastare così, anche perché a differenza di chi sta a Roma non riesco a prendere in giro le persone. Col massimo rispetto e l'affetto che nutro per tante e tanti a cui resto legato e che animano una comunità che alla fine dei conti ci crede davvero, per me può bastare.

Poiché le passioni sono difficili da cancellare, continuerò certamente. Ma niente più progetti politici di facciata, niente più richiami improbabili alla sinistra ideale o a interessi superiori (di chi sta a Roma). 
E pensare che il 1 aprile 2017 - forse la data doveva suggerirmi qualcosa - nell'atto fondativo del partito, alla stazione marittima di Napoli, Speranza disse: "siamo tutti socialisti", dandomi un entusiasmo indescrivibile.

Ho peccato di grande ingenuità.
Da oggi si giudicano anzitutto le persone e i fatti, delle chiacchiere ne abbiamo abbastanza.

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