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Paolo De Martino

Attivista politico

La desolazione di Draghi.

Il discorso di Mattarella è stato chiaro. Anzi chiarissimo: Draghi o elezioni. Ha spiegato anche i dettagli e i tempi di insediamento di un nuovo governo in caso si andasse al voto. Questo è ciò che ha sempre voluto Renzi: non andare ad elezioni ma far saltare Conte. Davvero pensate che il senatore di Rignano abbia fatto da solo tutte le scelte scellerate che lo hanno portato ad essere odiato da tutti? Non credo. Sarebbe interessante approfondire oltre alle motivazioni dell’innesco della crisi anche chi c’è veramente dietro. Soprattutto non in parlamento. 
Non mi piace il complottismo retroscenista ma la crisi politica appena consumata sembra una brutta stagione di House Of Cards. 
L’unica cosa certa è che i partiti hanno fallito: non sono riusciti ad accordarsi o non hanno voluto ma il dato di fatto resta e attualmente non c’è una maggioranza parlamentare per un governo politico. Il finale sembrava giàscontato. Si, perché mi rattrista dirlo, anche se preferivo un finale diverso, il prossimo premier sarà Draghi. 
Resta da capire chi lo sosterrà. 
I 5 stelle hanno già fatto sapere che non voteranno la fiducia al super banchiere europeo. Crimi lo ha scritto subito sui social. È anche vero che ultimamente le dichiarazioni hanno vita breve, soprattutto tra i pentastellati. In ogni caso anche se i grillini decideranno di non aderire alle larghe intese, ci sarà la Lega a sostenere il nuovo governo. Pensate che la Lega davvero voglia stare fuori da un governo istituzionale? Fare opposizione sulla campagna vaccinale? Stare fuori dalle scelte economiche? La Lega governa regioni tra le più ricche e poteri enormi. È il partito più vecchio nel parlamento. E poi, Mattarella non è uno sprovveduto. Aveva considerato il fallimento del Conte Ter e l’opzione Draghi era già nell’aria da tempo. Anche nell’opinione pubblica. Il buon Mattarella ha già i numeri. Se fallisce Draghi, fallisce il ruolo del Quirinale e nessuno vuole inimicarsi il Presidente. Oltre a questo scenario ci sono le elezioni. In una fase così delicata una campagna elettorale rancorosa lacererebbe ancora di più il nostro paese. 
D’altronde è la storia italiana a ricordarci che, nei momenti più difficili, la politica non riesce mai a trovare la quadra, anzi pare che se ne lavi le mani rimandando a governi istituzionali o tecnici. Vedi alla voce Amato, Ciampi e Monti, i più recenti. Governo istituzionale è totalmente diverso da governo tecnico. Nel governo istituzionale possono parteciparvi anche rappresentanti delle forze politiche che compongono le larghe intese come avvenne nel ‘93. A guidarlo c’era un esterno al parlamento nella figura di Ciampi ma i ministri erano espressi dalle forze politiche che appoggiavano quel governo. Quando fu scelto Carlo Azeglio Ciampi pareva a molti “l’uomo migliore, più indipendente e più competente che il Paese potesse esprimere in una fase così complessa”. Recitavano così i giornali del tempo. Sembra l’identikit di Draghi che tra l’altro condivide con Ciampi l’esperienza in Banca d’Italia. Il governo di Ciampi era composto da ministri politici. Ma la domanda più profonda è un’altra: veramente, Conte, Bonafede, Azzolina e Arcuri con l’appoggio esterno dei Ciampolillo’s boys potevano gestire questa fase difficile? 
Molti, in queste ore paragonano Draghi a Monti. Credo che il paragone non regga. È vero che anche adesso ci sono difficoltà economiche ma stavolta ci sono risorse per cambiare il paese. Con Monti si dovevano ripagare i debiti, c’era bisogno di tagliare. Adesso ci sono risorse per investire. Non sono un tifoso di Draghi, ma mi auguro che faccia bene. Anche se sinceramente mi auguro che si riuscirà ad organizzare una nuova e diversa alternativa. Questa crisi è un’opportunità politica da cogliere. Bisogna cambiare paradigma politico, sociale, economico e ambientale. Bisogna ricucire strappi con la società civile, bisogna ripristinare relazioni con le persone, prendersi in carico questioni internazionali come le migrazioni, i cambiamenti climatici, l’intelligenza artificiale, nuove forme di lavoro, bisogna immaginare il futuro, costruire una speranza. Cioè bisogna ritornare a fare politica. E se i partiti non sapranno rinnovarsi avranno perso l’ennesima occasione. La crisi che viviamo non è congiunturale, non si risolve con qualche variazione di bilancio della spesa pubblica e/o con un nuovo indebitamento. C’è bisogno di risposte politiche alle riforme da mettere in campo. E la crisi che stiamo vivendo ne è testimone, al di là di Renzi il bullo, i partiti hanno fallito in entrambe le maggioranze assurde di questa legislatura si è messo davanti lo scontro personale più che realizzare riforme di sistema. “È lo schema che poggia tutte le soluzioni sulla capacità decisionale del governo, che allude “all’uomo solo al comando”, che vede la crisi nella sua variante della incapacità del sistema di attuare le riforme” aggiungo necessarie a farlo funzionare. Per questo è sbagliato pensare a Draghi come il Salvatore. Sarà la squadra, il team a fare la differenza. Dovremmo spendere le nostre forze non a fare opposizione a Draghi che lascerà il tempo che trova, ma dobbiamo impegnarci per la ricostruzione del nostro paese. Ne siamo tutti responsabili. 
I partiti dovranno riorganizzare e rinnovare le loro strutture e ricucire il loro tessuto sociale. Bisogna valorizzare la partecipazione che negli ultimi anni ha cambiato forma e luogo. Ormai, le persone si sentono parte di un processo e vogliono testimoniarlo, condividerlo. Ormai la “necessità” individuale e sociale di avere la capacità di espressione diretta nelle decisioni da parte dei militanti ed elettori non può essere più ignorata anche se le soluzioni sperimentate fino ad ora risultano ancora incapaci di offrire una risposta adeguata. 
Forse non è chiaro, stiamo scrivendo la storia della nostra generazione e disegnando il futuro delle prossime generazioni. 

P.s. Se andiamo a votare a breve, i prossimi a governare saranno Meloni, Salvini e qualche grillino destroide. 
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