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Pasquale Obliato

Esperto di investimento responsabile

Il pollice verde e gli indici di Wall Street.

Voglio dedicare queste tremila battute circa, che il lettore potrà comodamente rubricare come “ennesimo dibattito sulla secolare crisi della sinistra”, ad una tematica che ai più può sembrare erroneamente settoriale e che invece è fondante nella lotta, quantomeno riformista, al sempre più totalizzante ruolo del Capitale nell’economia odierna, intesa come Vita di tutti i giorni.

Parafrasando @automatizzatocomunismomemetico, se l’ecologismo non si rende conto di dover sposarsi con le classiche battaglie della sinistra (che conosciamo bene e sono le stesse da ben prima dell’11 settembre 1867, data di uscita del libro primo de Il Capitale), il movimento verde assomiglierà sempre di più alla passione per il giardinaggio.

Il pericolo è concreto; già una parte consistente dell’elettorato mondiale di sinistra - sia attivo che passivo eh… parlo di eletti ed elettori! – ha dovuto attendere la materializzazione dello spauracchio destroide e nazionalista più becero (Trump, Salvini, Orban ecc…) per capire quanto primari fossero i temi legati all’immigrazione per una politica che fosse veramente umana. Adesso la medaglia però ci mostra nel suo retro la grande finanza internazionale e le multinazionali di qualunque campo appropriarsi della tematica ambientalista mentre il resto del mondo è giustamente distratto dalla Pandemia ancora in corso d’opera. Finché “la crisi era rappresentata dalla crisi” sembrava tutto più facile ed ancora da un lato all’altro dell’emiciclo politico ideale si riusciva ancora a discutere e dialogare secondo i canoni classici di un mondo legato al carbone e all’acciaio; poi è arrivata l’immigrazione che è e non può non essere, seguita da una maggiore attenzione all’ambiente ed alle emissioni – seppur ancora slegata dalle tematiche politiche classiche; poi di botto un’epidemia di proporzione mondiale, ancora oggi ingestibile, ha inglobato l’attenzione di tutti.

Mentre noi tutti tenevamo d’occhio altro, è successo qualcosa però. L’idea che l’ecologia sarebbe stato il tema portante del dopo-covid s’è affacciata sui social network già quando il mondo era rinchiuso tra quattro mura e le strade erano deserte ovunque. Come funghi dopo un temporale sono spuntati fondi d’investimento ecologici. Ogni banca ne aveva già uno, anche la tua… forse non te lo proponeva ma lo aveva; poi di colpo sono diventati convenienti, può confermartelo il tuo gestore, il tuo promotore, il tuo broker, il tuo assicuratore ed anche il tuo giardiniere che odia gli immigrati perché rubano il lavoro nero dei suoi dipendenti, non dichiara proprio tutto al fisco e si scoccia di capire come funziona la raccolta differenziata. Adesso sono onnipresenti e ci sono case d’investimento che addirittura dichiarano un approccio ESG per tutto, seppur non certificato da nulla e nessuno. Che sia chiaro, l’impegno verso la tematica ambientalista, sociale e di governance da parte delle istituzioni finanziarie era prevista dalle Nazioni Unite, è solo all’inizio ma è, a mio avviso, ancora da approfondire perché non basta certo pittare di verde un’automobile per renderla ecologica… e così vale per l’alta finanza.

Credo che chi si pone l’obiettivo di un’alternativa al liberismo, chi vuole porre un argine al capitalismo debba ragionare su una cosa fondamentale: “il Capitale” odierno affronta l’argomento secondo un’ottica comprensiva e non esclusiva, non parla di environment o di social o di government ma di tutti e tre gli argomenti insieme, sempre e comunque. L’Italia è l’emblema delle divisioni a sinistra ed anche sull’argomento si pone divisa e divisiva. l’ILVA in questo è la rappresentazione dell’emblema: come fai a pensare che è più tutelabile il lavoro che la vita o viceversa? Perché il discorso verte sempre su di cosa bisogna morire a Taranto, se di fame o di altro?

E già che ci siamo, troviamo un altro termine… facciamo sì che la sinistra non si definisca esg ma sappia rinascere e pensare globalmente.
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