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Paolo De Martino

Operatore Sociale

Presidente

Inclusione Alternativa

Rassegna informale - Volume secondo.

Venezuela 

Il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, il 31 Marzo scorso dichiarava che Guaido avrebbe dovuto aspettare per la presidenza del Venezuela perché Washington deve ricalibrare la sua strategia per spodestare il leader chavista Nicolas Maduro. Tra Usa e Venezuela si sta consumando una spy story da fare invidia al miglior sceneggiatore. William Saab, procuratore generale del Venezuela, annunciava su Twitter di aver inviato una lettera alla Presidente della camera americana Nancy Pelosi, per informarla di avere aperto un’inchiesta circa l’operazione Gedeone, ovvero il tentativo di invasione armata dalla Colombia di mercenari legati alla SilverCop, un’agenzia, vicina all'amministrazione Trump, che effettua operazioni militari arruolando mercenari. Infatti, tra i 13 arrestati del tentato golpe avvenuto a metà Maggio, ci sono anche Airan Berry e Luke Denman, due cittadini statunitensi ritenuti vicini alla presidenza americana. I due sono ancora in stato di arresto in Venezuela come riporta il Washington post. Uno dei due americani arrestati è stato interrogato e, non solo ha ammesso il tentativo di golpe, ma ha confermato che ci sono responsabilità del governo a stelle e strisce. Trump ha smentito ogni suo coinvolgimento nell’operazione militare per destabilizzare il Venezuela. Sembrerebbe una storia già vista quella che vede un’armata di disertori, reietti, ex killer delle forze speciali che vengono mandati allo sbaraglio contro un governo popolare e dotato di apparati di sicurezza di prim'ordine. Negli ultimi giorni fonti del governo venezuelano hanno dichiarato che Guaido sembrava si fosse rifugiato nell’ambasciata francese a Caracas. Ma il 7 Giugno il capo dell’opposizione venezuelana si è mostrato in pubblico. 
In questo scenario da 007, il paese sudamericano sta vivendo una tremenda crisi economica al punto che, nonostante sia il paese più ricco al mondo di petrolio, ha dovuto chiedere aiuto all’Iran per rifornirsi di oro nero raffinato. Arrivate in acque territoriali le petroliere sono state scortare da aerei dell’esercito venezuelano per paura di ripercussioni americane. Trump, però, non è intervenuto per evitare l’ennesimo incidente diplomatico con l’Iran e soprattutto perché la Cina ha appoggiato e sostenuto l’intervento iraniano. Non dimentichiamoci che il 2020 è iniziato con l’uccisione del generale Soleumani e che la situazione economica in Venezuela è devastante anche perché è le stato inflitto l’embargo. Borrel, il commissario europeo agli affari esteri, ha annunciato che il vecchio continente metterà a disposizione dei Venezuela circa 150 milioni di euro. Il paese sudamericano cerca di rialzarsi da questa crisi economica ma le tensioni sono forti e un colpo di stato sembra sempre dietro l’angolo. 

Turchia 

Il governo di Ankara, nel silenzio della comunità internazionale, prende spazio sui fronti più caldi: Libia e Syria. Da qualche tempo Fayez Al-Sarraj, premier del Governo di Accordo Nazionale riconosciuto dall’ONU in Libia, si reca frequentemente a Istanbul per chiedere a Erdoğan aiuto contro l’avanzata verso Tripoli del generale Haftar, a capo dell’esercito del governo parallelo di Tobruk. Qualche giorno fa, i due premier in una conferenza stampa congiunta hanno annunciato che il governo turco farà delle esplorazioni a scopo energetico sulle coste libiche, frutto anche degli accordi marittimi siglati dai due governi nel novembre del 2019. 
La Grecia, invece, da parte sua, considera l’accordo siglato tra Libia e Turchia una “palese violazione del diritto internazionale”. Le tensioni si erano già palesate quando Ankara ha iniziato a trivellare nei pressi dell’isola di Cipro. 
In questo senso il 4 Giugno è intervenuo il Med7 con comunicato congiunto dei 7 ministri esteri europei. 
La Turchia ha messo le mani anche alla base aerea in Libia occidentale; ciò potrebbe diventare un problema molto serio per la stabilità nel Mediterraneo meridionale.
La base, nota come “al-Watiya” è stata conquistata dalle forze del Governo di Accordo Nazionale libico (GNA) impegnate nell’operazione “Vulcano di Rabbia” come testimonia questo video. 
La Libia come la Somalia è un fallimento italiano. 
Dal punto di vista militare/strategico è chiaro come la Turchia stia cercando di replicare in Libia quanto già fatto in Somalia, dove oramai non si muove nulla senza il consenso di Ankara. Lo evidenzia anche la liberazione di Silvia Romano, nella quale l’intelligence turca ha svolto un ruolo fondamentale, tanto che la cooperante italiana è stata immortalata mentre indossava un giubbotto anti-proiettile turco subito dopo la liberazione. Tra l’altro, già da qualche tempo, il governo di Ankara sta trasferendo migliaia di mercenari dal fronte siriano in Libia come lo testimoniano diverse fonti. 
SOHR: #Ankara transferred more than 10 thousand terrorists from #Syria to #Libya!
Ankara potenzia militarmente anche il territorio siriano: ha distribuito un nuovo gruppo di sistemi missilistici antiaerei. La situazione nella zona di de-escalation di Idlib (ZD) si è nuovamente aggravata nonostante gli accordi russo-turchi per mantenere il processo di pace nella regione. In questo scenario la Russia si organizza per una controffensiva, come viene riportato da questo articolo pubblicato su Nizavisimaya Gazeta
Intanto, Erdogan la fa da padrone anche a casa sua tanto da permettere l’arresto di tre parlamentari dell'opposizione, che sono stati mandati in prigione il giorno dopo che il Parlamento ha revocato i loro seggi. Uno di loro proviene dal Partito popolare repubblicano (Chp) e altri due dal Partito democratico popolare (Hdp). L’accusa è quello di spionaggio. Le opposizioni parlano di golpe alla democrazia da parte del governo di Ankara. 
Foto Twitter 
Iraq

Da giorni, in diverse città irachene, si sono svolte manifestazioni spontanee di giovani che chiedono il miglioramento dei servizi, tra cui la fornitura della corrente elettrica che, in alcune aree del paese, risulta addirittura assente. I manifestanti hanno cantato slogan contro i funzionari corrotti e hanno chiesto il loro licenziamento, annunciando un'escalation se le loro richieste non saranno soddisfatte.
La protesta non si è limitata ai manifestanti di Al-Muthanna, ma ha coinvolto anche i manifestanti di Najaf che hanno suonato le sirene dopo la mezzanotte tra giovedì e venerdì nella piazza della città, segnando la fine della "scadenza Najaf" che i manifestanti avevano precedentemente dato alle autorità irachene per rispondere alle loro richieste. 
Il premier iracheno, Mustafa al-Kadhimi, su Twitter ha sottolineato che le soluzioni alla crisi finanziaria non saranno prese a scapito dei diritti dei dipendenti con reddito basso, dei pensionati e di coloro che hanno diritto a sussidi, e ha aggiunto che la decisione sarà quella di ridurre gli stipendi dei funzionari di stato, e di avviare un piano di razionalizzazione della spesa pubblica. 
È interessante notare che il nuovo governo iracheno guidato da Mustafa Al-Kazimi, nominato lo scorso maggio, ha promesso che presto delibererà per liberare i manifestanti che sono stati arrestati a causa della loro partecipazione alle proteste popolari, dello scorso ottobre. 
Che qualcosa si stia muovendo in un paese che è stato teatro di guerre e rivolte per decenni? 

In Italia, si parla troppo poco di politica estera e non esiste un dibattito nel nostro parlamento. 
È sempre più impellente far maturare delle scelte, entrando da protagonisti nell’agone internazionale che si sta prefigurando, o persistere in un declino che dura ormai da anni.

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