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Eng. Irina Di Ruocco

Dep. of Transportation Civil Engineering

University of Naples Federico II

Abbiamo capito come utilizzare i fondi del PNRR o siamo di fronte all’ennesima comicità italiana?

Il quesito emblematico per ogni pianificatore è la reale ed effettiva necessità di realizzare le infrastrutture di trasporto. Il PNRR piove come una pioggia attesa da tempo ma senza avere avuto la previsione dell’ombrello. In Italia, alcune cose non cambiano, si potrebbe parlare benissimo di “vizio italiano”. Tra queste c’è indubbiamente la mancanza di organizzazione ex ante per la decisione strategica di opere e di infrastrutture. I fondi europei serviranno per avviare e concludere progetti in cantiere. Ma dovremmo chiederci se i progetti sono veramente necessari. Esistono molte infrastrutture fantasma, abbandonate da prima dei fondi PNRR, molto prima dell’ondata della transizione verde. Quindi che farne? Una semplice analisi economica non servirebbe sempre a dimostrare la reale fattibilità. Se ad esempio ci focalizziamo sulla Pontina, ci si rende conto che la sua storia è alquanto amara e rispecchia un’Italia che non è per nulla cambiata negli ultimi 30 anni. L’Italia è un paese pieno di opere incompiute, ma col passare del tempo, modificano le leggi, ma il gioco resta sempre uguale. Il dibattito sulle infrastrutture si accende ad ogni tornata politica (ricordiamoci la Legge Obiettivo). Oggi, ci ritroviamo con i fondi dell’Europa che sono sicuramente una grande fonte di rilancio per infrastrutture in difficoltà o da realizzare. Ciò che manca, è un’assegnazione razionale dei fondi in base alle esigenze territoriali. Ma come possiamo constatare, le amministrazioni all’arrivo dei fondi si sono fatte trovare impreparate. Progetti a cui a monte sono soggetti a giochini di cambio gestione aziendale o scioglimento delle stesse. Insomma, piuttosto che seguire il beneficio collettivo seguiamo il valzer dei cantieri. In tutto ciò, rimangono i disservizi e le infinite attese di portare il livello della qualità della vita a standard europei. Gran parte dei fondi per le infrastrutture sono destinati a RFI. Tuttavia, il Mezzogiorno riceverà circa il 40 % complessivo delle risorse “territorializzabili” (cfr. Osservatorio CPI). L’unico ostacolo da superare è accelerare i processi amministrativi di Enti e Aziende che ne richiedono l’utilizzo. Evitare l’effetto immobilizzazione per i ritardi di scelta è un rischio che non possiamo perdere. Soprattutto se ragioniamo in termini di incentivazione della qualità della vita (benessere, qualità dell’aria, mobilità, scuola, educazione). Certamente non si vuole affrontare un altro discorso sul divario tra Nord e Sud, ma bisogna sottolineare la scarsità delle infrastrutture adeguate nel Mezzogiorno rispetto alle aree a nord dell’Italia. Si tratta di infrastrutture, stradali e ferroviarie, con una necessità di rimodernamento per poter parlare di competitività. Questo è l’obiettivo, non chiaramente evidente, del rilancio delle opere ai fini di una crescita economica. 

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