Layout del blog

Eng. Irina Di Ruocco

Dep. of Transportation Civil Engineering

University of Naples Federico II

Come vivremo entro il 2050? Uno sguardo all’Italia in cambiamento

Da anni la questione territoriale ed urbanistica, non è più di interesse nazionale, ma si è trasformato in un interesse di pochi. Da anni si legge “di città” nelle conferenze, fiere, iniziative locali e nazionali, focalizzate sul clima e sulla sostenibilità. Preservare l’ambiente, pensare ad azioni per la lotta al riscaldamento globale, è diventato dibattito notevole a partire dal 1980. Nulla sono servite i disastri (allora pochi) degli anni 90’ e 2000 che hanno colpito l’Italia (terremoto Irpini degli anni ‘80, alluvione del Sarno nel 2009, alluvione a Firenze nel 1996, terremoti all’Aquila e ad Amatrice nel 2009, acqua alta a Venezia del 2020), ma la percezione è che in 40 anni si sia completamente dimenticata la questione territoriale italiana. Durante questi ultimi anni, il problema ambientale, echeggiava tra gli ambienti scientifici ed oggi, invece è una notizia che ci viene ricordata ogni giorno da tv, giornali, trasmissioni.
Gli avvertimenti degli esperti e il moltiplicarsi degli episodi climatici estremi dovrebbero porci di fronte a domande naturali come “cosa fare per”, “quali azioni da intraprendere”, e invece, in molti casi l’opinione si è divisa tra chi ancora li chiama eventi sporadici come “bombe d’acqua”, “piogge intense”. Sebbene la terminologia li descrive tenendo conto dell’evento in sé, non considera il macro-sistema in cui il fenomeno si forma, e soprattutto non si considera un fattore importante: la frequenza. La frequenza di questi eventi estremi diventeranno ancora più frequenti, e per tanto ci spinge ad intervenire su due azioni: a) individuali, b) collettive.
Prime stime effettuale negli anni ‘80 e confermate nel 2010 (WHO, UN, CE) predicono che entro il 2050 e 2070 fino al 70% della popolazione mondiale vivrà nelle città. Questa affermazione oggi si pone tra diversi problemi quali, la crisi energetica, la crisi umanitaria e migratoria, la crisi di sovraffollamento degli ambienti urbani, l’incapacità del metabolismo urbano di espletare tutte le funzioni per una popolazione così elevata, il consumo delle risorse. A supporto della sostenibilità è giusto ricordare due importanti pilastri per le politiche urbane, quali Agenda Locale 21 (Conferenza di Rio del 1992), Carta di Lipsia (1997), sottolineando che le soluzioni per compensare agli squilibri ambientali è presente nel contesto urbano.
Il 70% della popolazione che si concentrerà nelle aree urbane provocherà un indebolimento delle aree interne, e rurali, nonché provocherà un disequilibrio tra le varie aree d’Italia. Oltre allo spopolamento del Mezzogiorno (come sottolineato più volte da Svimez), le aree interne, collinari e periferiche saranno interessate da fenomeni di spopolamento, e che saranno meno interessate da investimenti. L’evento delle Marche, non è l’ultimo di una serie di eventi, che abbiamo dimenticato, forse complice anche il nuovo “giornalismo”, che mira più al like che al racconto della notizia.
Andiamo con ordine: nel 2021 si sono registrati 1.118 eventi meteorologici estremi in 602 comuni. Tra le zone più colpite ci sono Roma, Genova, Bari, Milano, Ancona, Napoli e Palermo (AGI, 2022). Sono città metropolitane in cui si concentrerà probabilmente il 70% della popolazione. Si tratta di città su mare, o che affacciano sul fiume. Si tratta di città in cui il consumo di suolo è fermo ed è impossibile intervenire con ulteriori interventi, se non adeguamenti. Città in cui non è presenta un piano di emergenza per prevenire alla lotta climatica. Perché allora accade ancora quello che è raccontato in questi giorni nelle Marche (settembre 2022)? Dobbiamo ribadire che gli eventi hanno iniziato a manifestarsi con una frequenza più intensa da circa 10 anni, e i danni previsti tenderanno ad aumentare. Lo scioglimento di nevi e ghiacciai, i venti forti, le trombe marine, erano eventi cui la probabilità è in forte crescita questi anni, coinvolgendo sempre più aree. I danni subiti non sono prevedibili e non sono quantificabili, e allora va chiesto, che cosa comporta una forte alluvione? Le precipitazioni estreme e le alluvioni provocheranno interruzioni di fornitura di servizi essenziali, isolamento delle persone, perdita di animali. Tutto ciò è raccontato in TV suona ancora troppo con una notizia di eventi lontani, fuori dal nostro ordinario.
Gli eventi descritti non si collocano troppo lontano dall’insieme del dissesto idrogeologico, estremamente diffuso in Italia. Ritorniamo alle dinamiche di crescita urbane ovvero alla popolazione nelle città. Le città diventeranno grosse sovrastrutture che mangeranno risorse e spazio, ma lo spazio è un’invariante. Mentre crescerà il divario con le aree interne, queste saranno isolate e prive di sostegno. Gran parte delle città italiane, è concentrata su territorio collinari, aree montuose, e zone costiere. Con l’esattezza, il 60% della popolazione (ISTAT 2021) si trova sulle zone di costa, e il 37 % vive nelle aree interne. Il dissesto idrogeologico, colpisce la vulnerabilità territoriale della popolazione, che vive sulle coste, e nelle aree interne, soggette a frane, alluvioni, valanghe. Il dissesto idrogeologico è stato inascoltato, costruendo dove non si poteva, impermeabilizzando il suolo, violentando il paesaggio, e rendendo antropico ogni angolo rimanente. 


Autore: La redazione 27 lug, 2023
Politiche per il cambiamento climatico significa città sostenibili. Quelle italiane sono pronte?
Autore: Andrea Maestri 08 mar, 2023
Lettera alla donne di Cutro
Autore: Irina Di Ruocco 07 mar, 2023
Tra Super-bonus e Super-opportunità
Autore: Giancarlo Marino 04 mar, 2023
La copertina è tratta da Palestina. Una nazione occupata opera di Joe Sacco fumettista e giornalista. 
Autore: Paolo De Martino 27 feb, 2023
La vera sfida inizia adesso
Autore: La redazione 25 feb, 2023
Il sostegno a una confederazione israelo-palestinese sta guadagnando terreno
Show More
Share by: