Layout del blog

Paolo De Martino

Attivista

Anni di piombo. Tante ipocrosie, nessuna verità

“L'incomprensione del presente cresce fatalmente dall'ignoranza del passato.“

Marc Bloch


È notizia di queste ore che sono stati arrestati sette ex terroristi “Rossi” e che altri si sono consegnati alle autorità francesi. Una storia brutta sbagliata che dura da 40 anni e di certo non si risolve e si autoassolve con la cattura di una manciata di ultrasessantenni. Sia chiaro, gli uomini e le donne in questione non erano né nascosti in qualche bunker né avevano cambiato connotati. Erano reperibili, riconosciuti e riconoscibili. Risiedevano in Francia e la vendetta di Stato oggi non sana la ferita politica degli anni di piombo e non placa di desiderio di giustizia delle famiglie delle vittime. 

Il fatto di cronaca resta, è su tutti i giornali ma a me preme riflettere su alcuni punti. 



Gli anni di piombo

L'inizio dei cosiddetti «anni di piombo» coincise con il periodo della contestazione del '68 che dilagò nel nostro paese e in Europa. Solitamente si associano questi anni alle azioni di organizzazioni della sinistra extraparlamentare ma, in quel periodo, operano anche molti gruppi di estrema destra in molti casi difficilmente individuabili, in altri composti da uomini che mai hanno pagato. È oramai letteratura documentale – in molti casi anche filmografia – che queste frange neofasciste e lo Stato dialogassero tra loro anche attraverso la criminalità organizzata. Lo schema era chiaro e molte inchieste hanno testimoniato come apparati dello Stato cercassero sempre più spesso, nell’estrema destra e nella criminalità organizzata, una sponda per le proprie attività più indicibili.

Le stragi di quegli anni apparirono di una violenza inumana e spesso i lunghi processi sono stati senza conseguenze per gli accusati.
Alcuni dati per rendersi conto.
Tra il 1968 e il 1974 in Italia furono compiuti 140 attentati, quello di piazza Fontana a Milano nel 1969 fu il più devastante: una bomba esplosa nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura portò alla morte di sedici persone e al ferimento di altre ottantotto. Dopo Piazza Fonata ci furono la strage di Bologna e Piazza della Loggia a Brescia.
Il 12 dicembre 1969 si verificarono in Italia nell'arco di 53 minuti 5 attentati. 

Marc Lazar, storico francese, fa notare come fino all’assassinio Moro le azioni violente di alcune formazioni di sinistra avessero incontrato il favore se non il sostegno di una parte dell’opinione pubblica. Questo atteggiamento dell’opinione pubblica, soprattutto di sinistra, mutò proprio a cavallo degli anni 1978-1979, con la brutale uccisione di Aldo Moro. 
All’inizio del 1979 furono colpiti due simboli dell’impegno civile della sinistra storica: l’operaio Guido Rossa, ucciso dalle BR, e il magistrato Emilio Alessandrini, vittima di Prima linea. 
In quel momento, il Pci – che sin dall’inizio aveva condannato ogni forma di violenza – scelse ancora una volta la democrazia. 
I partiti di governo, con l’indispensabile sostegno del Partito Comunista, trovarono un accordo politico per elaborare una serie di leggi per far fronte alla situazione di crisi che il paese stava vivendo. 
Furono varate diverse leggi d’emergenza fra cui quelle volte ad ampliare i casi di uso legittimo delle armi per le forze dell’ordine, a dare seguito a perquisizioni d’urgenza non autorizzate, a fermi preventivi di 48 ore, al divieto dell’uso di caschi durante manifestazioni, determinando maggiori poteri per la polizia e diversi canali processuali speciali. Non dimenticando che la custodia preventiva fu moltiplicata e l’onere della prova fu capovolto, elevando la parola dei pentiti a fondamento delle accuse. In alcuni processi una sola testimonianza ha portato a decenni di pena per gli imputati. 

Il caso 7 Aprile 

Il 7 aprile del 1979, decine di persone, furono arrestate, perquisite, interrogate perché erano considerati appartenenti o simpatizzanti vicine alla formazione di sinistra extraparlamentare Autonomia Operaia. Quest’inchiesta divenne una dei capitoli giudiziari più discussi e controversi della giurisprudenza italiana degli scorsi decenni. Tralasciando l’aspetto giuridico, è da evidenziare il clamore mediatico che suscitò nell’opinione pubblica e soprattutto sulla stampa. Fu una vicenda che coinvolse centinaia di persone, scrittori, insegnati, ma che ebbe come protagonisti principali sotto i riflettori Toni Negri intellettuale e docente universitario e Pietro Calogero il magistrato dell’inchiesta. Quella del 7 aprile fu un avvenimento relativamente nuovo per l’epoca; ci fu una vera e propria la gogna mediatica: i giornali non si risparmiarono titoli cubitali del tipo “Scoperti ed arrestati gli assassini di Moro”, e sopirono d’un balzo l’eco del delitto Pecorelli di qualche settimana prima; pochissimi furono coloro che rimasero lucidi, tra loro alcuni giornalisti del Manifesto e, nella stampa ufficiale, il solo Giorgio Bocca. 
Di fatto l’arresto di tanti compagni, molti dei quali assolti successivamente perché estranei ai fatti, fu il primo atto di una persecuzione giudiziaria e politica nonché di un linciaggio mediatico che non aveva precedenti nella storia d’Italia dal 1945 ad allora e non ha avuto eguali negli anni successivi. Le varie sentenze che arrivavano dopo lunghi anni venivano commentate in maniera critica solo dal Manifesto: “Crolla il teorema 7 aprile”. “Sentenza d’appello: l’insurrezione non esiste. Potere operaio non era una banda armata. Molti assolti, pene ridimensionate”. 
Nel libro La notte della Repubblica Sergio Zavoli evidenzia che l'impostazione dell’inchiesta di Calogero non fu condivisa dal giudice istruttore Giovanni Palombarini, che ridimensionò le accuse sottolineando le differenze tra l'organizzazione autonoma e quella brigatista, mentre Calogero tendeva ad assimilarle. Nei fatti, fallì l’idea di unificare il processo del 7 Aprile a quello dell’uccisione di Aldo Moro. 

La dottrina Mitterand 

Nel 1984 comparve la locuzione “Dottrina Mitterrand” (espressione imprecisa ma largamente utilizzata) sui rifugiati politici italiani. Centinaia di militanti appartenenti alle organizzazioni politiche estremiste di sinistra degli “anni di piombo" ottengono il permesso di restare in Francia. Il paese d’oltralpe come condizione pone il fatto che gli “esuli politici” devono rendersi visibili alle autorità e rinunciare in modo assoluto alla violenza politica. 
L'esplicito intento dello stato francese è concedere a costoro una via d'uscita dalla clandestinità, ma è altrettanto determinante il fatto che le autorità italiane presentino dossier raffazzonati e lacunosi. Caso dopo caso, si fa evidente che quelle persone hanno subito processi (basati sulle leggi d'emergenza del periodo 1975-82) che il diritto francese considera iniqui. 

Almeno era così fino a qualche giorno fa quando Macron con l’arresto ha messo fine a questo principio.
 
La Francia non va certamente elogiata, sia ben chiaro, anche là non esistono bizzarre fattispecie di reato come “concorso morale” o “compartecipazione psichica”. Al contrario, gli italiani sono abituati alla violazione di uno dei più antichi princìpi del diritto: “Cogitationis poenam nemo patitur” [Non si punisca nessuno per il pensiero].

Il codice penale francese, a differenza di quello italiano, non prevede uno sparverso di reati associativi distinti solo da trucchetti semantici che significano diversi anni di galera in più o in meno. Eclatante l'esempio degli artt. 270 e 270 bis, rispettivamente “associazione sovversiva” e “associazione sovversiva con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico”. La descrizione del reato è praticamente identica, solo che nel primo caso rischi da 5 a 12 anni, nel secondo da 7 a 15. Un lascito della legge n.15, 6/02/1980, meglio nota come “Legge Cossiga”. 

In Francia è ben raro condannare un imputato in base alle dichiarazioni di un solo testimone. In Italia, invece, è consuetudine: tutti i processi del caso “7 Aprile” erano costruiti sulle deposizioni di Carlo Fioroni; le condanne a Sofri, Bompressi e Pietrostefani sono basate sulla chiamata in correità di Leonardo Marino. Una sola persona che accusa è ritenuta più credibile di decine di testimoni che scagionano. Come del resto nel caso Tortora. E sappiamo come è andato a finire. 

Infine, in Francia, come accade in tutti i paesi europei e come è previsto dalla Convenzione Europea sui diritti umani del 1954, una condanna in contumacia non può diventare definitiva. Se un condannato par contumace si presenta o viene catturato, la sentenza è annullata e il processo si rifà in sua presenza. L’Italia conosce da 40 anni i nomi, la residenza dei terroristi che hanno trovato rifugio in Francia. Addirittura, Cesare Battisti per decenni ha vissuto libero diventando anche uno scrittore famoso. Altri sono rientrati in Italia e hanno accettato e scontato le condanne nelle nostre carceri come nel caso di Toni Negri, Adriano Sofri e tanti altri ancora hanno criticato le loro azioni e sono reiterati nella società. 

È l’Italia quindi che, invece di cercare giustizia e verità, ha usato la vendetta ad orologeria, scadenzando negli anni i vari arresti. Molto hanno celebrato l’ultimo arresto con entusiasmo – anche se bisogna dire con maggiore sobrietà rispetto al Salvini con la divisa della polizia sulle spalle nella spettacolarizzazione dell’arresto di Battisti – come se fosse la fine degli “anni di piombo”. 
Invece non è così. 
L’idea che si sia chiuso l’ultimo capitolo di uno dei momenti più bui della storia contemporanea è solo una grande ipocrisia italiana. Mancano ancora molte verità. 
I terroristi neri che sono sfuggiti alla cattura sono ancora tanti e sono in giro per il mondo a fare imprenditori come nel caso di Roberto Fiore sulla cui figura indagava anche Falcone per capire che ruolo avesse avuto nell’omicidio di Piersanti Mattarella. 

Si poteva evitare l’assassinio di Moro? Ci sono responsabilità politiche dei dirigenti dell’allora Democrazia Cristiana? Le leggi approvate in quegli anni per contrastare il terrorismo hanno condizionato anche la politica italiana? Erano costituzionali? Gli americani che ruolo hanno avuto in quegli anni? La strategia della tensione era solo una teoria politica o è realmente esistita? Ustica? Il Lodo Moro cosa riguardava esattamente?
Mitrokhin era davvero un mitomane? 
Leslie Finer, giornalista del Guardian aveva presentato un reportage investigativo su possibili attacchi neofascisti in Italia pochi giorni prima della strage di Piazza Fontana. 
È lo stesso giornalista che ha coniato la frase “Strategy of tension”. 
Fu ancora più forte la rivelazione dell’ “Observer” del 7 dicembre, che “Paese Sera” riprendeva con il titolo di apertura in prima pagina: “I colonnelli greci tramano con i fascisti e con il ‘sig. P’ per ‘un colpo alla greca in Italia’”. Da non dimenticare che il 2 settembre del 1980 Italo Toni, redattore di “Diari”, e Graziella De Palo, collaboratrice del quotidiano “Paese Sera”, scomparvero a Beirut. I loro corpi non furono mai trovati e ancora oggi, a causa del segreto di Stato, non si conosce chi e per quale ragione siano stati uccisi i due giornalisti che indagavano sulle relazioni tra lo stato palestinese e l’Italia. Insomma, un periodo ancora in larga parte da raccontare e che il recentissimo segreto di Stato, rinnovato fino al 2028, sulle carte dei servizi segreti provenienti da Beirut, rende ancora più misteriosa e sospetta tutta la vicenda. 


Gli “anni di piombo” non possono essere chiusi solo con qualche arresto dopo 40 anni. 
La reas geste degli anni di piombo è fatta di date, avvenimenti, di uomini e di donne. Di coraggio e tempo infamato. Di vigliaccheria e verità. Di chiacchiere e documenti.
Di intrecci e dettagli, di persone che sapevano e non hanno mai parlato. È una storia brutta fatta di verità insabbiate dai politici e dai servizi segreti deviati e non. Oltre alle menzogne e verità distorte ci sono le vittime in carne ed ossa e gli arresti solo in parte rendono loro giustizia perché ci sono troppi che attendono ancora giustizia. Come nel caso della madre di Valerio Verbano, assassinato nell’80 a Roma da mani fasciste, quasi sotto i suoi occhi, e Danila Tinelli, la madre di uno dei due ragazzi di diciotto anni, Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, militanti del Leoncavallo, assassinati il 18 marzo del ‘78 con 8 colpi di pistola in via Mancinelli. Queste madri pretendono di vedere i volti di chi ha ucciso crudelmente i loro figli e invocano ancora oggi giustizia. 
È l’Italia che merita giustizia. 
La tragedia della verità è non saperla
Chiudere con questa Storia atroce del terrorismo italico, dovremmo leggere e conoscere quello che ci hanno tenuto nascosto. 
L’assenza di una comprovata verità storica sul periodo più nero della storia repubblicana ha disonorato lo Stato nel dare una risposta alle disperate richieste delle famiglie delle vittime e, ha avuto anche delle pesanti ripercussioni sull’intera struttura istituzionale, culturale e sociale italiana. 
Non c’è nulla da festeggiare.

Bibliografia 

La bomba. Cinquant'anni di Piazza Fontana
Enrico Deaglio 

I ragazzi che volevano fare la rivoluzione, 1968-1978: storia di Lotta Continua
Aldo Cazzullo

Autonomia operaia. Scienza della politica e arte della guerra dal '68 ai movimenti globali
Emilio Quadrelli

Dall'operaio massa all'operaio sociale. Intervista sull'operaismo 1979
Toni Negri

Spingendo la notte più in là
Mario Calabresi 

La dissoluzione di Lotta continua e il movimento del ’77
Alberto Pantaloni

Un atomo di verità. Aldo Moro e la fine della politica in Italia
Marco Damilano

L'ombra nera. Le stragi nazifasciste che non ricordiamo più, Milano 
Gianni Oliva
     

Link 







Autore: La redazione 27 lug, 2023
Politiche per il cambiamento climatico significa città sostenibili. Quelle italiane sono pronte?
Autore: Andrea Maestri 08 mar, 2023
Lettera alla donne di Cutro
Autore: Irina Di Ruocco 07 mar, 2023
Tra Super-bonus e Super-opportunità
Autore: Giancarlo Marino 04 mar, 2023
La copertina è tratta da Palestina. Una nazione occupata opera di Joe Sacco fumettista e giornalista. 
Autore: Paolo De Martino 27 feb, 2023
La vera sfida inizia adesso
Autore: La redazione 25 feb, 2023
Il sostegno a una confederazione israelo-palestinese sta guadagnando terreno
Show More
Share by: