Francesco Martone
Attivista per i diritti umani e dell'ambiente
Francesco Martone
Attivista per i diritti umani e dell'ambiente
Si volta pagina allora, o meglio si prova a farlo, Pensare di poterlo fare solo all’interno di una assemblea costituente però rischia di far perdere di vista la grandezza della sfida. Giacché quelle sono pagine sporche di sangue, di dolore, repressione, Pagine marcate dal peso insostenibile dell’ingiustizia, e dell’emarginazione, della diseguaglianza e dell’esclusione. Questa l’eredità lasciata ai cileni da anni di dittatura spietata di Augusto Pinochet che con un colpo di mano mise fine all’esperienza innovativa e straordinaria di Unidad Popular del Presidente Salvador Allende, l’11 settembre del 1973. Poi venne l’esilio, la tortura, il pugno di ferro. Un sistema ferreo di controllo e di governo della politica, subordinato agli imperativi del modello neoliberista. Questa fu la Costituzione scritta a tavolino negli anni della dittatura, ed ispirata si dice dall’ideologo e fondatore del partito Union Democrata Independiente, Jaime Guzman. Varata non a caso l’11 settembre del 1980 era intesa come una sorta di “camicia di forza” che avrebbe imbrigliato qualsiasi possibilità di cambiamento istituzionale, consolidato il potere dei militari (che grazie a quella costituzione vedevano riconosciuto tra l’altro il diritto ad una importante fetta delle rendite derivanti dall’estrazione di rame), e blindato l’impianto liberista. Nessuna possibilità era prevista per apportare modifiche in settori importanti quali le forze armate, le concessioni minerarie, l’educazione o la Banca Centrale. Il Cile divenne così il laboratorio delle teorie dei Chicago Boys e di Milton Friedman, un intreccio tragico tra necropolitica di stato e di mercato la cui continuità era appunto garantita dalla costituzione vigente anche dopo la caduta di Pinochet. Anche il progetto di riforma costituente elaborato dalla presidente socialista Michelle Bachelet nel corso della sua presidenza venne prontamente archiviato dal suo successore, certamente restìo a aprire la strada per una trasformazione radicale del paese e ad aggredire gli interessi ed i privilegi delle élite che lo hanno portato al potere. Solo la forza dirompente della rivolta ha reso possibile un risultato come quello di oggi. Questo elemento va tenuto a debita considerazione per provare a comprendere cosa accadrà ora. Anzitutto, chi potrà accedere alla Convenzione costituente? Le votazioni sono previste per l’11 aprile del prossimo anno e i settori più oltranzisti delle destre già si stanno organizzando per evitare che i loro avversari possano ottenere la maggioranza dei 2/3 dei seggi necessaria per l’approvazione degli articoli. Sussiste così il rischio che i partiti politici, grazie alle maggiori risorse a disposizione possano influenzare e determinare la composizione della Convenzione, di fatto vanificando la spinta delle piazze. Per questo le assemblee autoconvocate che nei mesi della pandemia si erano convertire anche in spazi di mutualismo e soccorso popolare, si stanno organizzando in assemblee popolari costituenti per portare i loro candidati alla Convenzione. Più in generale, al di là dell’importante risultato conseguito dai movimenti femministi nell’ottenere che la metà dei seggi della Convenzione costituente sia rappresentata da donne, come affrontare e sradicare patriarcato e femminicidio? E come uscire dalla trappola di un sistema economico e produttivo ancora fortemente ancorato all’estrattivismo in uno scenario che prevede un aumento della domanda di rame a livello mondiale minerale di cui i Cile è tra i principali produttori ed esportatori? E poi, che deciderà di fare Piñera del suo governo? Saranno i suoi ministri legittimati a governare da oggi a quando nel 2022 si arriverà alla stesura finale della nuova Costituzione? Saranno mesi lunghi, (almeno nove per stilare la Costituzione con possibile proroga di altri tre) per un paese che soffre come non mai il peso della crisi economica e chiede misure immediate per restituire un livello di vita decente alla maggior parte della sua popolazione. Piñera decise di non schierare il suo partito Renovacion nacional nella campagna referendaria e dopo il referendum ha mandato segnali ambigui ed ambivalenti da una parte riconoscendone il risultato e dall’altra impegnandosi per la continuità. Il suo governo si è spaccato in due nel corso della campagna referendaria, da una parte chi voleva abolire la vecchia costituzione chi voleva semplicemente emendarla, con il ministro degli esteri Andres Allamand schierato frontalmente contro la nuova costituzione. Il popolo chiede di voltare pagina ma chiede anche dignità, e chiede giustizia per le 2820 vittime della brutale repressione di ottobre. Non ci si facciano illusioni: la rivolta popolare continuerà fin quando non verrà restituita dignità e lo stato non finirà di violare i diritti umani, e si porrà fine all’impunità Si calcola infatti che delle 8500 denunce contro le forze di sicurezza per i fatti di ottobre 2019 solo l’1 percento delle accuse è stato formalizzato. Alla luce di queste considerazioni, il risultato del plebiscito va letto in filigrana. Sul doppio binario del processo di elaborazione della costituzione formale da una parte e di quella materiale, scritta ed agita nelle piazze e nella carne viva del paese dall’altra. Va letta nel quadro di quella che la sociologa argentina Maristella Svampa nell’ottobre del 2019 definì un diffuso spostamento di placche tettoniche all’indomani delle rivolte quasi contemporanee in Ecuador, Bolivia e Cile. Rivolte nelle quali chi scendeva in piazza si trovava in un vero corpo a corpo con il lato più violento e brutale del potere. E che oggi non intende assistere inerte. Un comunicato del Comitato delle Assemblee Popolari diffuso a suo tempo ne è la dimostrazione evidente: “difendere la democrazia diretta, senza gerarchie,(…) destituire la classe politica, il potere, e le militanze tradizionali, e (difendere) l’idea di vivere in comunità e tessere vincoli di fiducia nei territori. Questo è il nucleo della ribellione e il patrimonio politico-culturale più importante per le prossime generazioni di ribelli”.