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Maurizio Petroni

Storico spreaker

podcaster, naufrago nella politica. 

Il G8 di un bambino. A Genova vent'anni dopo

Quando si tenne il G8 a Genova avevo undici anni e ovviamente non c'ero.
Negli ultimi anni della mia vita ho dedicato molto tempo allo studio, le testimonianze, l'ascolto di quel che accadde in quei giorni. Per un motivo molto preciso: con l'immagine di Carlo Giuliani steso a terra in piazza Alimonda finì la mia infanzia. Curioso, no? Dei passaggi cruciali della nostra vita non sempre si hanno ricordi nitidi: qualcuno ha mai sentito scattare qualcosa alla mezzanotte del 18esimo compleanno quando si diventa maggiorenni? O ricordi lucidi del primissimo passo e della prima parola? Sono in genere passaggi sfumati per quasi tutti, me compreso. La fine della mia infanzia no, ha una data precisa: 20 luglio 2001, Carlo Giuliani, prima ancora della Diaz e Bolzaneto (di cui si inizierà a parlare nei mesi successivi con la giusta insistenza). Un'infanzia che si era macchiata di scuro qualche anno prima quando sopra casa mia vidi gli aerei da guerra che da Aviano andavano verso la Serbia e collegai quelle sagome alle immagini di distruzione che vedevo alla televisione. E nuovamente la televisione protagonista per il G8 a istruire il popolo su dove stavano torto e ragione, a sottendere l'equazione no-global=black bloc: devastatori, infiltrati, manifestanti dei centri sociali, della sinistra, dell'azionismo cattolico o laico, a prescindere dall'età... tutti nella stessa minestra.
Era il 19 luglio 2001 ed ero un bambino, quarantott'ore dopo ero un ragazzino e l'ho capito col tempo quanto quello che vidi mi segnò.

Ecco perché ho dedicato tanto tempo allo studio dei fatti del G8 e perché ieri, a vent'anni da quel giorno, ho voluto essere in piazza Alimonda. Non era la prima volta, ma l'impressione è sempre la stessa al primo impatto: "Così piccola? Nelle immagini sembrava un enorme campo di battaglia". E poi guardi su via Caffa il punto dove furono sparati i colpi e pensi che Piazza Tommaseo, dove erano radunati interi reparti dei Carabinieri, dista solo pochi metri da dov'era quel defender, poi lo sguardo attorno corre nei cortili interni dove avevano cercato disperato riparo molti manifestanti poi picchiati e portati a Bolzaneto e infine quell'incrocio Corso Torino-Via Tolemaide dove è partita la carica immotivata e folle senza la quale forse non ci sarebbe stato l'omicidio di Carlo. 
"Carlo". Ovviamente la parola più ripetuta sul palco allestito dal Comitato Piazza Carlo Giuliani per i vent'anni. "Carlo" ripetono gli interventi anche musicali sul palco, "Carlo" pronunciato in un modo indescrivibile dai genitori, "Carlo" scandisce nei cori la piazza gremita, sotto un sole battente e caldo così simile a quello del 2001. Tutto è simile alle immagini viste e riviste, sembra quasi un'istantanea, come se il tempo si fosse fermato. E, per certi versi, è così e qualcosa a Genova si è fermato. L'hanno fermato.

Il popolo di Genova aveva ragione nelle sue rivendicazioni, nelle sue battaglie, in quelle parole che oggi sono di attualità più che mai, ma è stato piegato e sconfitto da una precisa strategia politica. Prova ne è l'assenza di un "dopo", di un solco da coltivare. 
Ma se è vero che quella generazione ha perso, la mia in gran parte non è nemmeno scesa in campo e questa è una cosa della quale in tanti dovremmo rimproverarci; certo, il mondo è cambiato dopo Genova: l'11 settembre, un nuovo disimpegno, l'assenza di una degna classe dirigente politica (che forse proprio da Genova sarebbe dovuta nascere), ma il coraggio di certe idee necessarie dovrebbe abbattere gli alibi e le difficoltà.
Questi pensieri mi hanno accompagnato ridiscendendo la lunga scalinata che mi aveva portato davanti alla scuola Diaz nell'ultima tappa, tutta mia, della giornata genovese, assieme a un piccolo popolo che non è più fiamma, ma può essere scintilla ed è questa sensazione consolatoria che si torna a casa: quella che nella parola commemorazione si nasconde la parola "azione".
 
Un ultimo tratto di strada mi separa dalla stazione di Genova Brignole. Poche ore prima un corteo spontaneo (conclusosi a Palazzo Ducale) ha percorso quegli stessi passi, tra l'altro quelli che al momento della carica avrebbero dovuto ancora percorrere le tute bianche verso Piazza delle Americhe -a pochi metri da lì- concludendo la loro manifestazione. Solo pochi metri. Ancora pochi metri.
Il sole si abbassa e colora Genova di meravigliosi riflessi rossi: ecco la differenza più grande rispetto a vent'anni fa, quando il rosso che colorava piazze, marciapiedi, caserme e palestre era quello del sangue di un popolo da piegare.
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