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Stefania Trotta

Art Management


Intervista alla virologa culturale Susanne Ristow

In occasione del suo soloshow "Trickster" promosso dall'associazione Amira aps in collaborazione con Il Laboratorio le edizioni di Nola, abbiamo intervistato l'artista tedesca Susanne Ristow.
Partiamo dal titolo della mostra: cosa sono i "Trickster" e perchè li hai scelti come tema della tua personale a Nola?
TRICKSTER sono raffigurazioni ibride, cambiano passando per confini, trasformandosi. In quasi tutte le culture si trovano. Un tipico Trickster della Grecia antica è Hermes, ma anche la figura del Pulcinella ha molte caratteristiche in comune con questo personaggio.
In diverse tue opere in mostra è possibile riconoscere personaggi famosi come Grace Jones, Yoko Ono, Madonna, David Bowie ed altri. Cos'hanno in comune tra di loro? 
Nella cultura Pop sono di grande valore le manifestazioni tricksteriane. Se si pensa che il virus della musica, come le figure ambivalenti che hai nominato, ha contaminato perfino i sistemi piu chiusi al mondo, questo mi ha affascinata e ispirata. Ma più di tutto ci sono immagini nella memoria collettiva che mi permettono di comunicare meglio e di superare confini, anche a me stessa, non sapendo mai da che punto parte una persona che vede un mio quadro. 
In un'opera, in particolare, hai scelto un soggetto ricorrente e di particolare importanza nella mitologia giapponese: la kitsune, ovvero la volpe. Ci racconti come è nato? 
Mi interessa da molti anni la cultura giapponese, a Düsseldorf vivono e lavorano moltissimi giapponesi e sono più di vent'anni che pratico il Karate con lo stimatissimo Sensei Ogawa. Nel 2013 ho avuto l'occasione di visitare Tokyo, Kurashiki, Ngoya e Hiroshima con una delegazione di museologi, un viaggio fantastico che ci ha messo in contatto con tanti colleghi giapponesi. Loro ci hanno aperto le porte della loro mitologia, tra l'altro ho imparato che Maestro Yoda di Star Wars secondo gli afficinados del Giappone risale al filosofo Kukai che ha portato le Sutre buddhiste in Giappone ed è uno dei fondatori del buddhismo giapponese. Per questo poi ho fatto una serie di incisioni sul famoso personaggio Yoda, in verde smeraldo con calligrafie die Kukai dell'800 stampate su un fondo d'oro. Si chiama "Grüne Energie" dove Energia verde, ovviamente, è un gioco di parole anche nel senso ecologico.
I colori sono molto importanti, nella serie "TRICKSTER" hai usato molto il rosso, il nero e il dorato, come se fossero intrecciati, sovrapposti tra loro, ma essendo colori "forti, decisi" restano comunque separati. C'è un messaggio dietro questa scelta?
Vale la pena dire che non uso normalmente i colori ad olio e non mi ritengo proprio una pittrice, ma la mia percezione parte dalla grafica. Poi sono un'artista piuttosto concettuale. Non penso mai all'uso di tutti i colori pensabili, ma mi concentro su una scelta ben definita. In questo caso ho scelto i colori della bandiera tedesca che risale alla prima rivoluzione democratica del 1848. Non voglio lasciare questi colori bellissimi, forti ed espressivi e nazionalisti senza un'idea della permeabilità e relatività del confine.
Ci sono anche molti riferimenti alla cultura napoletana come la Sirena, la maschera, una donna napoletana con corni. Credi possano esser letti come dei trickster napoletani? 
Ma certamente. Sicuramente le donne sono i più grandi trickster. La trasformazione la vivono magari con più scioltezza, ma anche gli uomini con una bella parte di femminilità, hanno la stessa qualità.
Cristus-Virus è sicuramente un'opera molto particolare. Il virus è un po' la tua firma distintiva, come è nata l'idea di unirlo alla figura di un Cristo intagliato in legno antico? 
Sono oramai più di dieci anni che mi occupo della figura del pensiero del virus, partendo da immagini viste durante la Pandemia della Sars in televisione. Quando ho lavorato al Museo Nazionale de Beijing, il più grande museo del mondo, dei cari colleghi cinesi, per scherzo, mi dissero che potevo essere io stessa il virus! Certamente portavo anche una bella dose di quella contaminazione occidentale che sta marcando il mondo globalizzato. Il Cristo antico di legno mi fu dato da un amico prete, perché si sa che ho una collezione di Cristi molto ambivalente, tanto è vero che il mio primo lavoro in assoluto con i cari amici del Laboratorio di Nola, Vittorio Avella e Tonino Sgambati, è stata la cartella "Uomini veri", ispirata alle deposizioni cristiane. L'interpretazione del Christus-Virus devo lasciarla aperta però ad ognuno. Ci sono tante cose da raccontare intorno alle mie opere, che per fortuna non devo "spiegarle", si intuiscono dal contesto a diversissimi livelli, credo.
Oltre alla tua mostra personale allo spazio Amira, il 21 ci sarà un altro evento al Domus Art centro di cultura, come si svolgerà e cosa dobbiamo aspettarci?
Al Domus Ars farò per la prima volta una Lecture Performance in Italiano e devo dire che non è facile per me, avrei preferito farla in inglese, ma ci tengo a farmi capire e a raggiungere più persone possibili (come il virus devo circolare tra di voi). Ho deciso di parlare in italiano perchè ho studiato con Jannis Kounellis e non mi piaceva il modo complicatissimo in cui lo hanno tradotto gli interpreti. Il mio italiano non l'ho mai studiato, ma l'ho imparato nella pratica e sulla strada, come anche l'arte. Il laboratorio di strada di cui ha parlato già negli anni sessanta Umberto Eco è una delle fonti per la mia nuova "AMBULANZ/////DOC SU & TRICKSTER" che sto praticando dal 2019 quando ho ottenuto questo strano titolo di "dottoressa" per le mie ricerche sulla virologia culturale, ossia "il virus come mezzo". Così, a un certo momento mi sono messa la tuta bianca ed ho cominciato ad invitare le persone a un dialogo tutto analogo sulla contaminazione artistica. In fondo non è tanto diverso da quello che facevo come "disegno agitatorio" (Street Art/Viral Art) negli anni novanta a Napoli. Questo ambulatorio lo intendo come piattaforma che si svolge tra arte e scienza in un modo molto partecipativo. Purtroppo durante la Pandemia del 2020 si è dovuto fare una gran parte del lavoro online e via Zoom, che era pure interessante e coinvolgente, ma da luglio quando ho iniziato di nuovo il dialogo diretto col pubblico in un parco d'arte a Düsseldorf (Lantz'scher Park) ho iniziato a ridare l'occasione all'incontro dal vivo, a cui tengo moltissimo.
Torni sempre a Napoli, città che ormai conosci da vent'anni. Cosa è cambiato dalla prima volta in cui sei arrivata e cosa ti porta a tornarci?
Napoli cambia, si trasforma, specialmente i trasporti pubblici stanno cambiando la città in maniera notevole, purtroppo anche il turismo e la digitalizzazione con tutti gli effetti conosciuti e sconosciuti, ma per me va anche bene che alcune cose non cambiano troppo. Ci sta come sempre un sottosuolo di antichità vivente. Ci sta un fermento di idee nuove e la capacità di adattarsi a qualsiasi evento esterno. Per me tornare a Napoli significa non solo ricaricarmi con idee storiche e nuovissime ma anche trovare le radici europee che per me sono tanto importanti. Nella provincia di Napoli si trova la chiave per capire Europa, per capire noi stessi, per farci un'idea di un possibile futuro del Europa in un mondo in crisi permanente. Il trickster napoletano sa come sopravvivere, ed io ogni tanto devo tornare a farmi dare lezioni necessarie per rinforzare il mio senso di coerenza da lui (o lei).

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