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Paolo De Martino

Redazione Resistenza Civile

L'attenzione su Fedez e il silenzio sulla morte di Luana

Quando è scoppiata la polemica su Fedez e sul suo discorso al concerto del primo maggio, la nostra redazione era ancora scossa per la perdita di Antonio Prisco, un compagno di numerose battaglie. Questi non era un idolo come il rapper milanese, ma la sua azione, la sua volontà e i suoi principi hanno consentito ai riders di essere riconosciuti come comunità. Inoltre Antonio insieme ad altri compagni era riuscito ad aprire la prima Casa Rider d’Italia. Antonio è scomparso prematuramente lasciando un vuoto nella comunità della Sinistra napoletana e non. Perché lui, Antonio è l’esempio del militante silenzioso. Quello non da like e follower, ma fatto di lotta e rivendicazione dei diritti. Per questo è tanto altro, ci tenevamo ad omaggiare il suo percorso: la memoria deve essere la nostra bussola.

Dopo qualche giorno di silenzio, in redazione inevitabilmente è entrato l’argomento mediatico della settimana. L’ennesimo atto di censura in stile sceneggiata. Abbiamo discusso sulla questione Fedez, sul suo discorso, sull’opportunità, il linguaggio, l’efficacia. Il Ddl Zan è stato sfruttato per distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica dalle tematiche riguardanti la Festa dei Lavoratori. La spinta comunicativa fatta dagli artisti diviene importante per portare un messaggio alle nuove generazioni, ma per noi il primo maggio è sempre stato un appuntamento per rivendicare il diritto al lavoro, il giusto salario, le tutele, la parità di genere. Era un momento per non dimenticare le morti sul lavoro. Questi temi in una giornata dedicata al lavoro, non hanno trovato nessun’eco né mediatica né politica. La discussione per giorni è stata nauseante, patetica e stucchevole. Si è invocata mamma-Rai e i suoi vigilantes. É partito il valzer delle dichiarazioni di esponenti politici e della stragrande maggioranza degli utenti social. Sono usciti fuori i soliti meme fake per screditare l’accaduto, in pratica si è mosso tutto il carrozzone mediatico. 

Mentre qualche giorno prima, nel silenzio totale della politica, fatta eccezione di piccoli gruppi, nella bozza recovery plan scompariva il salario minimo. Nonostante in Europa procedano e promuovano la misura del salario minimo. Il 22 aprile gli europarlamentari hanno sostenuto che “la procedura legislativa sul salario minimo che stiamo per avviare è il progetto sociale più importante dell’Ue negli ultimi dieci anni”. 

In Italia stiamo vivendo una profonda crisi, ma sembra che tutto vada bene. Mentre la Rai mandava in onda il sequel di Sanremo e del mainstream del politicamente corretto, a Torino è stato un primo maggio di tensione e contestazione. Tensione tra forze dell'ordine e manifestanti che sono venuti a contatto; contestazione nei confronti del Governo, in cui Presidente del Consiglio viene simbolicamente decapitato in Piazza Castello. Un’immagine forte che dà in un certo senso la misura del malessere che vive il Paese. Dalle politiche ambientali a quelle economiche e sociali: i governi hanno fallito.

«Serve una rivoluzione ecologica e sociale» rivendicavano i militanti del movimento No TAV. 
In piazza c’erano anche gli Extinction Rebellion, un movimento internazionale di impronta ambientalista che pratica la disobbedienza civile. Questo è molto attivo con contestazioni e denunce nei confronti del settore finanziario, colpevole, ad avviso dei suoi attivisti, della crisi climatica ed ecologica. Il primo aprile scorso una cinquantina di attivisti hanno assediato il grattacielo di Intesa Sanpaolo a Torino. Tre attiviste sono riuscite ad entrare sedendosi dentro la hall e rifiutandosi di uscire, mentre tenevano due cartelli con scritto: “Io sono nonviolenta” e “Non è più il tempo delle belle parole: azzerate i finanziamenti a carbone, petrolio e gas. Ora!”, dimostrando come Torino sia ancora una volta il termometro del Paese sulle questioni del lavoro e delle condizioni sociali. 

Nei giorni successivi al primo maggio il dibattito politico è stato invece monopolizzato dalla questione Fedez e della genuflessione della politica, citando il titolo del Post, al loro potere mediatico. Del lavoro neanche traccia. Invece il lavoro è un tema attuale e spesso, diventa cronaca nera. Ieri le agenzie battevano una notizia devastante: una giovanissima donna veniva risucchiata dal torchio dell’azienda in cui lavorava. Una tragedia assurda che ormai è diventata storia quotidiana. Il 29 Aprile moriva un ragazzo negli stabilimenti di Amazon. Nel primo trimestre del 2021 è stato registrato un +11,4% di decessi sul posto di lavoro rispetto all’anno precedente. «Non si può morire come 50 anni fa» scrivono in una nota i sindacati confederali. 

La Brianza detiene il tragico record di morti sul lavoro da inizio anno. Infatti proprio qualche mese fa dalla Lombardia è partito un appello per un serio interessamento da parte delle istituzioni alla questione sicurezza sul lavoro. A lanciarlo è Matteo Mondini, 38 anni, di Cesano Maderno, che nel 2010 è rimasto vittima di un gravissimo infortunio sul posto di lavoro. 

C’è chi ogni giorno parla di lavoro e lotta per i diritti. Sono tanti. Come ci racconta l’esperienza di Antonio Prisco, ma troppo spesso questi militanti silenziosi vengono lasciati soli, e soprattutto orfani di un progetto politico che del lavoro ne faccia una priorità. I partiti non riescono a dettare la linea politica e si fanno risucchiare dal vortice mediatico. Cosa ne resterà tra qualche giorno dei loro post e tweet? Niente. Invece di Antonio, Luana e di tanti altri resterà il loro sorriso e il loro coraggio di lottare per una vita migliore. 
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