Layout del blog

Serana Mottola

Dottoranda di ricerca in Linguistica all’Università “Parthenope” di Napoli.

La parità di genere secondo il PD

Ci sono molti studi che trattano il tema della (dis)parità di genere nei luoghi di lavoro, nella società, nel nucleo familiare e in politica. In quest’ultimo ambito, in particolare, ricercatori e ricercatrici analizzano il modo in cui i media e l’opinione pubblica parlano delle donne e dei fatti, politici e non, che le riguardano. Studi di questo tipo ci aiutano a capire cosa c’è che non va nella comunicazione che adottiamo ogni giorno su questi temi e ci spiegano perché usare le donne politiche come salvatrici di un partito logoro e imbarazzante o come simboli di un femminismo che esiste solo a parole è stucchevole e controproducente.

La scienziata politica Pippa Norris si occupa da decenni di comunicazione politica, rapporto tra istituzioni e opinione pubblica e questioni di genere nel mondo politico. Nel suo libro del 1997 “Women, Media and Politics” descrive tre tipologie all’interno delle quali l’opinione pubblica tende a collocare le donne che fanno politica. Il primo è quello della “first woman”: la sua posizione di comando è un successo per tutte le donne, si dice, e il suo ruolo ha un valore simbolico – quasi più simbolico che concreto – molto forte. La seconda tipologia è la donna “outsider”: indipendentemente dal tempo che ha già trascorso svolgendo quelle mansioni, viene considerata come l’ultima arrivata e le sue capacità vengono sottostimate e sminuite. Nel terzo e ultimo gruppo, Norris colloca le donne politiche con un ruolo di rilievo considerate come agenti del cambiamento: che lo vogliano o meno, queste donne vengono erette a paladine della svolta epocale per il loro partito e la società tutta, portatrici innate di saggezza ed equilibrio di cui, a quanto pare, nessun collega uomo è provvisto, dato che si aspetta che ad occupare un certo ruolo sia una donna per inaugurare finalmente il tanto decantato cambiamento.

Chissà se Enrico Letta ha mai letto qualcosa sugli studi di genere (se non l’hai fatto, Enrico, fallo!). Me lo chiedo perché la sua proposta di avere a tutti i costi due donne come capigruppo del PD lo identifica immediatamente come fautore del terzo frame riconosciuto da Norris, quello di donna salvatrice della patria (o del partito, in questo caso). Lo scenario sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere: un partito – ai cui vertici siedono perlopiù uomini – snaturato, evidentemente diviso e confuso, in una fase di riorganizzazione dovuta al fatto che il segretario (uomo) si è dimesso in piena pandemia, dopo aver partecipato alla formazione del nuovo governo ottenendo 3 ministri (uomini) e senza proporre nessuna ministra (donne) si rende conto che rispetto ad altri partiti e soprattutto all’interno dell’esecutivo il suo schieramento risulta decisamente carente di vertici femminili. E allora Enrico Letta prova a giocarsela con una rivisitazione del concetto di quote rosa, secondo cui delle politiche mediamente ignorate, che hanno come unica colpa quella di essere nel Partito Democratico e non altrove, ora dovrebbero risollevare l’immagine consunta del primo partito di sinistra. 

Giusto per chiarire: il sistema delle cosiddette quote rosa o quote di genere, introdotto nel 2011 con la legge Golfo-Mosca, nacque per garantire una paritaria rappresentazione del sesso maschile e di quello femminile nel mondo del lavoro, non per piazzare delle donne a caso in ruoli fintamente di rilievo quando la situazione si mette male. La direzione verso cui bisogna proseguire è quella di una partecipazione equamente condivisa da uomini e donne dall’inizio alla fine, non solo per apparire diversamente. Ho delle personali riserve sul sistema delle quote rosa, ma è innegabile che abbia portato ad un cambiamento concreto, quantomeno nel mondo aziendale e societario. Tuttavia, questo incremento è stato spesso minimo, assestandosi alle quote di donne elette previste dalla legge (il 20% prima e il 30% poi): diverse “first woman”, quindi, ma nella sostanza il cambiamento risulta ancora insufficiente.

Ora è necessario spingere affinché la parità diventi davvero la normalità e per far sì che le donne abbiano le possibilità e gli strumenti per raggiungere le vette che meritano tanto quanto i colleghi uomini. In questo contesto, come in molti altri, la politica deve dare il buon esempio, e proporre delle donne in posizioni di rilievo – ma non troppo, senza esagerare – quando la nave si è già ampiamente schiantata contro l’iceberg, sperando che le povere malcapitate la tengano a galla con le loro innate doti femminili, è tecnicamente una paraculata.
Autore: La redazione 27 lug, 2023
Politiche per il cambiamento climatico significa città sostenibili. Quelle italiane sono pronte?
Autore: Andrea Maestri 08 mar, 2023
Lettera alla donne di Cutro
Autore: Irina Di Ruocco 07 mar, 2023
Tra Super-bonus e Super-opportunità
Autore: Giancarlo Marino 04 mar, 2023
La copertina è tratta da Palestina. Una nazione occupata opera di Joe Sacco fumettista e giornalista. 
Autore: Paolo De Martino 27 feb, 2023
La vera sfida inizia adesso
Autore: La redazione 25 feb, 2023
Il sostegno a una confederazione israelo-palestinese sta guadagnando terreno
Show More
Share by: