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Anna Chiara Forte

Avvocato 

esperta di immigrazione

La sanatoria della Bellanova è solo la solita speculazione sui migranti.

A partire da oggi, 1° giugno, i rapporti di lavoro con personale straniero irregolarmente residente nel nostro Paese potranno essere regolarizzati, così come previsto dall’art. 103 del Decreto Rilancio, rubricato sotto il titolo “Emersione di rapporti di lavoro”.
Il Governo ha così previsto una nuova sanatoria per tutti quei rapporti di lavoro svolti in “nero” con personale straniero.
Possono aderire alla prevista sanatoria i cittadini stranieri sottoposti ai rilievi fotodattiloscopici prima dell’8 marzo 2020 o soggiornanti in Italia prima dell’8 marzo 2020.
Il soggiorno può dimostrato attraverso la dichiarazione di presenza sul territorio, effettuata ai sensi della legge. n. 68/2007, oppure tramite documentazione proveniente da enti pubblici, purché rechi data certa.
Per le stesse finalità potranno richiedere un permesso di soggiorno temporaneo, anche gli stranieri che avevano un permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019 non rinnovato o non convertito in altro titolo di soggiorno.
Le disposizioni del decreto Rilancio si applicano, però, solo ad alcuni settori delle attività produttive ed in particolare:
1. agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e attività connesse;
2. assistenza alla persona per se stessi o per componenti della propria famiglia, ancorché non conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l’autosufficienza;
3. lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.
Per poter procedere alla presentazione dell’istanza sarà necessario effettuare un pagamento forfettario di 500 euro per ogni lavoratore; mentre per le istanze relative ai permessi di soggiorno scaduti al 31 ottobre 2019 e non rinnovati, l’importo sarà pari a 130 euro al netto dei costi previsti dal comma 16 dell’art. 103 ovvero 30 euro per gli oneri relativi agli adempimenti effettuati.
È previsto inoltre il pagamento di una somma forfettaria a titolo retributivo, contributivo e fiscale che il datore di lavoro ha evidentemente “evaso”, che sarà oggetto di un apposito decreto da parte del Ministero del lavoro.
L’art. 103 del Decreto Rilancio, qui sintetizzato nelle sue finalità essenziali, pur dettando una normativa di dettaglio molto ampia, sono ben 26 commi, risulta essere un provvedimento dotato di una efficacia solo parziale.
Destinato ad un platea ridotta di individui, l’articolo richiamato conferma la ormai nota miopia del nostro Governo quando oggetto di regolamentazione è il settore dell’immigrazione.
Sono state tante le richieste indirizzate alla Ministra Lamorgese di estendere l’efficacia della norma a tutti i cittadini stranieri sprovvisti di regolare permesso di soggiorno.
Le istanze sono però rimaste lettera morta.
Oggi, quindi, la disposizione entrata in vigore lascia migliaia di migranti senza permesso di soggiorno e senza diritti.
Una ulteriore quanto inutile disparità di trattamento ed una speculazione sui migranti, costretti a cercare il conseguimento di requisiti in molti casi irraggiungibili.
È questo il caso dei richiedenti asilo che, pur rappresentando una fetta enorme dei braccianti agricoli, restano esclusi dalla possbilità di regolarizzare la propria posizione poiché la dichiarazione di presenza è per loro di fatto impossibile da produrre.
Questa dichiarazione, infatti, viene rilasciata solo a seguito di entrata sul territorio con visto regolare.
I cittadini richiedenti asilo entrano, invece, attraverso un sistema, quello della protezione internazionale, che non prevede il rilascio della dichiarazione e che, di fatto, li pone in un limbo giuridio di incertezza a tempo orami indeterminato.
Invece di affrontare il problema nella sua interezza e dal punto di vista della tutela dei diritti umani, il governo ha scelto di muoversi secondo una logica selettiva, volta a regolarizzare solo il numero esatto di lavoratori strettamente necessario alle esigenze del sistema economico e produttivo.

Una logica che avalla, anche sul piano culturale, l’uso dei corpi “stranieri”, che possono “emergere” solo se e quando servono alla produzione ed alle condizioni del sistema in cui devono essere utilizzati.
Seguendo questa logica, le lacrime della Ministra assumono un sapore completamente diverso, da quello spiegato in conferenza stampa.
Il Covid 19 sembra essere stato solo la scusa socialmente accettabile per procedere ad una sanatoria che diversamente avrebbe trovato numerosi ostacoli, atteso il clima politico infuocato che caratterizza l’immigrazione.
Anche la scelta di imporre il pagamento di una somma forfetttaria pari a 500 euro costituisce una evidente discrimazione, essendo noto a chiunque che una somma del genere per un qualsiasi bracciante è spesso irraggiungibile.
La sanatoria è, dunque, una ennesima occasione persa che oggi però appare ancora più inaccettabile alla luce della oramai conclamata necessità di questo Paese degli stranieri, i soli, evidentemente, a svolgere lavori per cui non esiste più personale italiano.
Pare quindi che non rubino il lavoro agli italiani, ma che, al contrario, siano essenziali per l’economia di questo Paese, come lo è stato il lievito durante il lockdown appena trascorso.


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