Layout del blog

Paola Iannelli docente ricercatrice  e scrittrice

La voce di Amaya

Racconti Resistenti

Amaya era venuta al mondo seguendo la scia dell’avventura. Una pioggia scrosciante aveva annunciato il suo arrivo. Le gocce tamburellavano sul tetto della sua dimora, come tocchi di lame appuntite. Centinaia di suoni sordi scandivano il tempo.
La madre, resa esausta dallo sforzo fisico dell’espulsione, accarezzava la testa minuta della piccola, serbando nel cuore il disprezzo per l’uomo a cui era legata la paternità. Non aveva potuto ribellarsi al potere della famiglia, le leggi, dettate da secoli di storia, non dovevano subire cambiamenti. Haya si era rassegnata alla sua sorte e malvolentieri seguì il suo sposo, Ramir, più grande di lei di oltre venti anni.
Era una notte di luna piena, la prima, quando Ramir la prese, senza chiederle nulla, senza emettere nemmeno un gemito. L’incontro fugace e senza sentimento alcuno portò alla luce una gravidanza.
Ora poteva guardare altrove e pensare che quella fragile creatura le donasse un briciolo di felicità.

Le palme formavano un ventaglio armonico, oscillavano sostenute da un vento animato da spiragli del sud. Amaya venne al mondo, era di una bellezza senza pari, occhi dolci, affusolati, le labbra carnose e i colori della roccia ambrata si fondevano sulla sua pelle. Ramir ne era consapevole e dimostrò tutto il suo acido obiettivo, promettendo la figlia al sultano Faaris. Lo sguardo di Haya si spense quando la volontà di Amaya si spezzò. A nulla valsero le preghiere, gli oboli promessi ai supremi spiriti, la fiamma della cattiva sorte iniziò a ardere e con essa anche il suo cuore.
Amaya sapeva che nulla poteva cambiare la sua sorte, conosceva bene le regole del gioco, cercò, a suo modo, di consolare la madre, che disperata la teneva stretta a sé.

Il giorno arrivò, la fanciulla subì i riti della preparazione fisica e mentale. Ore e ore a levigare la pelle da qualsivoglia impurità, idratata da creme dall’odore di mandorle e mirto. Poi la vestizione, un’abaya color azzurro cielo, una nuvola di seta trasparente si adagiò sul corpo, e un niqab di tono più chiaro formavano il costume, con il quale la giovane andava incontro al suo destino.
«Salam aleikum.»
«Aleikum salam.»
Furono gli unici saluti che Amaya si scambiò con l’uomo, che con difficoltà le si avvicinò. Nella sontuosa stanza reale dell’immenso palazzo, Faaris mostrò in un attimo, la povertà d’animo per cui era noto. Rimase a fissarla con gli occhi da lupo famelico, tondi, di un color nero cupo, profondi come i pozzi di petrolio. Da anni ormai, senza una via di fuga, il liquido scuro, fonte inesauribile di guadagno, gli era schizzato direttamente nel cuore, trasformandolo nel crudele e affamato Faaris.
Amaya lo osservava tremante, riuscì, suo malgrado a sedersi al suo fianco, decisa a non compromettere la vita sua e dei suoi cari. Unica parola d’ordine: l’obbedienza.
Il tempo si dilatò, deformando le figure e gli eventi che ne seguirono. Amaya trascorse ben tre anni in totale isolamento, tenuta a bada da un esercito di fedelissime di Faaris. Imparò a ricamare, a leggere in inglese e a immaginare sogni irrealizzabili. Subì l’assalto di quell’uomo rifuggendo dal presente nei momenti felici, quando insieme alla madre, colorava le pagine di favole antiche. Fate e cigni magnifici ornavano i disegni, colmi dei sogni che le fanciulle in fiore sanno avere.

Sei dinanzi a me, avvolta in una coperta di carta stagnola, sfiori con gli occhi i contorni di questo universo sconosciuto, tremante mi porgi la mano, che avvolge un piccolo telo. Sapevi che ti avrei compresa, ero l’unica a conoscere un po' d’inglese. Raggomitolata su te stessa hai emesso un suono sordo, monotono, come se le corde vocali avessero perso il ritmo. Sei volata in un mondo parallelo Amaya, come quando eri bambina e cercavi di disperdere il dolore di tua madre. La Natura ti ha salvato e lei stessa ti ha abbracciato, nel bel mezzo del mio Mediterraneo, per ricordarti che sa essere malevola. I fiori recisi perdono il flusso della linfa vitale, si spengono calando il capo, dimostrano così il loro addio al mondo. Un alito rapace ti ha strappato quel piccolo involucro che tenevi stretto a te, un volo nel buio della notte, un tonfo. Hai urlato con tutte le tue forze, poi hai spento il resto. Sei arrivata a me una notte d’inverno, quando il mare si trasforma in un gigante silente e scuro, come i tuoi occhi. Una luna fungeva da faro, sorvolando quell’immagine destinata agli ultimi, a coloro che spinti dal profumo della libertà, hanno affondato la spuma della speranza. 
Sapevi dell’esistenza delle variabili, ma questa non l’avevi considerata. Perdere tuo figlio tra le onde è stata un’anomala coincidenza, un attimo di distrazione. Eppure il mare era calmo, sfiorava i parabordi del gommone con un fruscio dolce, accomodante. Poi la furia improvvisa, luci abbaglianti hanno illuminato la scena. Una spinta, un gorgoglio confuso.
Volevi risorgere Amaya e io ti aiuterò. Saprò occuparmi di te, faremo ciò che vuoi, rispondimi e dimmi di sì. Un muscolo pompa piano, ancora più piano. Poggi la mia mano su di lui e chiudi gli occhi, il sogno è finito.
Autore: La redazione 27 lug, 2023
Politiche per il cambiamento climatico significa città sostenibili. Quelle italiane sono pronte?
Autore: Andrea Maestri 08 mar, 2023
Lettera alla donne di Cutro
Autore: Irina Di Ruocco 07 mar, 2023
Tra Super-bonus e Super-opportunità
Autore: Giancarlo Marino 04 mar, 2023
La copertina è tratta da Palestina. Una nazione occupata opera di Joe Sacco fumettista e giornalista. 
Autore: Paolo De Martino 27 feb, 2023
La vera sfida inizia adesso
Autore: La redazione 25 feb, 2023
Il sostegno a una confederazione israelo-palestinese sta guadagnando terreno
Show More
Share by: