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Fabio Buccico

Giurista, si occupa di enti locali, agevolazioni alle imprese e contabilità. 

Novembre 2020, Il virus colpisce ancora: la seconda ondata tra preoccupazioni economiche e strumenti di politica sociale.

Dopo il lockdown di marzo, dal 15 novembre si sono riabbassate le saracinesche della generalità degli esercizi in Campania e in Toscana (ma per altre regioni le chiusure sono iniziate ad ottobre) e, per la seconda volta in meno di otto mesi, lo Stato ricorre a nuove misure di sostegno per le imprese. Di conseguenza, da più parti ci si interroga sia sulla efficacia sanitaria delle misure adottate sia sull’impatto economico dei lockdown e dei connessi ristori.
Il lockdown di primavera (8 marzo – 4 maggio) è stato esteso all’intero territorio nazionale, ha visto prevalere la prospettiva del contenimento epidemico rispetto ai profili di sostenibilità finanziaria e, dal punto di vista istituzionale, ha comportato una notevole esposizione dei Presidenti delle regioni sia sotto il profilo amministrativo (ordinanze) sia sotto l’aspetto mediatico (frequenti “caminetti” di comunicazione, divenuti virali sui social media); in sintesi il Governo è andato dietro ai Governatori.
La seconda fase dell’emergenza COVID, invece, si profila (almeno fino ad ora) a impatto differenziato, con misure di chiusura graduate in funzione del numero dei contagi e dei ricoveri (nonché della sottostante situazione sanitaria), regione per regione e, dal punto di vista istituzionale, con una preminenza forte dello Stato rispetto alle autonomie locali; per riassumere, i Governatori hanno atteso (spesso contro voglia) le misure del Governo.
La differenza nei due approcci non risente soltanto degli effetti della dialettica politica Stato-Regioni (o, meglio, Governo-Presidenti di regione) ma anche delle fosche previsioni dei principali dati macroeconomici: per la fine del 2020 si prevede che il PIL italiano crollerà del 9,9 per cento rispetto all’anno precedente ed il rapporto debito/pil aumenterà al 156,9 per cento (nel 2019 era pari al 134.7 %) . Per confronto, nel 2009 (l’annus horribilis della Grande Recessione 2007-2013) il PIL è calato del 4,4 per cento.
È chiaro che le chiusure scaglionate della seconda fase tendono a ridurre, per quanto possibile, il calo dell’attività economica, assicurando la funzionalità della gran parte delle imprese nelle zone “gialle” ed “arancioni” e fermando, di fatto, il commercio nelle zone “rosse”; anche in queste ultime, tuttavia restano attive le industrie, l’artigianato e l’edilizia (che, invece, nella prima fase, è rimasta pressoché ferma).
Tornando ai ristori (previsti dal decreto legge n. 149 del 9 novembre 2020 “Ristori-bis”, che ha sostituito il decreto legge n. 138 del 28 ottobre 2020 “Ristori”), la principale misura prevede un contributo a fondo perduto pari alla differenza tra fatturato dell’aprile 2019 e fatturato dell’aprile 2020 (purché quest’ultimo sia inferiore ai due terzi del fatturato dell’aprile 2019), moltiplicata per coefficienti a seconda della categoria di attività svolta (codici ATECO) e del volume di ricavi.
Altre importanti misure del decreto Ristori-bis, a seconda che l’attività sia esercitata in locali in affitto o di proprietà dell’imprenditore, riguardano rispettivamente il credito di imposta pari al sessanta per cento del canone per i mesi di ottobre, novembre e dicembre (cedibile al proprietario con riduzione del canone stesso da parte dell’affittuario) e la cancellazione della seconda rata IMU. 
Se i cd. ristori puntano a sostenere le imprese, per le famiglie occorre far riferimento agli strumenti previsti per la prima fase dell’emergenza, tra cui spiccano le sospensioni delle cartelle esattoriali, una congerie di misure (molto frammentarie) a sostegno della liquidità e per il rilancio dei consumi (come, ad esempio, il bonus mobilità) e l’estensione del fondo mutui prima casa, che attraverso la sospensione delle rate di mutuo salvaguarda i mutuatari (nonché, è bene ricordarlo, le banche incidendo sul numero di crediti deteriorati nei loro portafogli).
Se queste sono le misure specifiche previste dopo il COVID va osservato come la protezione sociale delle fasce deboli passa anche per strumenti come il reddito di cittadinanza e la pensione di cittadinanza che solo dal 2019 hanno trovato ingresso nell’ordinamento italiano (sebbene non mancassero in precedenza misure simili come il REI-reddito di inclusione); tuttavia si tratta di una misura ancora acerba tenuto conto che, se ha avuto immediatamente attuazione l’erogazione dei benefici economici, stenta a decollare l’avviamento al lavoro sia per i grandi numeri della disoccupazione involontaria in Italia sia per la scarsa capacità degli enti preposti di avviare politiche attive del lavoro.
È palese come, nell’excursus delle misure economiche anticovid, l’anello debole è rappresentato dal soccorso alle fasce sociali meno garantite come i lavoratori a nero e gli immigrati (le due categorie in parte sono sovrapponibili) che si trovano sia ad essere i primi a veder soppresso il proprio posto di lavoro con i lockdown.
In realtà l’emergenza COVID mette in luce tutte le debolezze del sistema Paese; se prima abbiamo illustrato le fragilità economiche di base (debito pubblico, in primo luogo) numerose altre si stagliano all’orizzonte: in primo luogo il mancato contrasto all’evasione determina, per significativi settori dei lavoratori autonomi, il sottodimensionamento delle perdite e, conseguentemente, la riduzione dei sussidi. In secondo luogo, la sussistenza di vaste sacche di lavoro nero comporta l’assenza di garanzie per i lavoratori a nero, con conseguente esplosione di tensioni sociali e disordini di piazza nelle settimane precedenti al lockdown.
Sarà in grado la politica di fornire risposte all’altezza dei tempi che corrono? E sapranno i governanti, sia a livello statale sia locale, rendersi conto che solo lo Stato può affrancare i cittadini dalla paura della malattia e dell’indigenza? In occasione di un’intervista del mese di marzo, l’ex presidente dell’Uruguay, José Mujica ha sostenuto: “Cuando las cosas van mal, todo el mundo se acuerda del Estado” (Quando le cose vanno male, tutto il mondo si ricorda dello Stato).

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