“LE PAROLE SONO IMPORTANTI!” gridava Nanni Moretti alla giornalista da cui non aveva ricevuto certo comprensione e simpatia, dal greco, συν + πάσχω, provare emozioni con... per cui la sua reazione emotiva, dura e perentoria fu quella di urlarle contro, dopo averla schiaffeggiata, come gesto discutibile di disappunto.
Eppure se le parole sono importanti, come diceva A. Mehrabian nel suo Silent Messages del 1971, quando c’è coerenza comunicativa, esse pesano soltanto il 7% lasciando il 38% al para verbale, al ritmo, al tono etc. e il 55% al non verbale, ovvero ai gesti, alle espressioni del volto, al linguaggio del corpo...
Per Nanni Moretti – ma per ognuno – l’urlare ha un peso maggiore delle parole stesse e il linguaggio del corpo supera il para verbale conquistando la scena.
Detto ciò, bisogna pensare che sono mesi che ci ripetono, ai mass media, che le misure di protezione sono fondamentali e che il “distanziamento sociale” è la soluzione.
Analizziamo queste due parole: distanziamento e sociale.
La parola distanziamento implica il concetto di separazione, allontanamento.
La parola sociale significa che tende a vivere in società.
Perché dunque non parlare di distanziamento fisico o prossemico ed estendere alla socialità il concetto ?
Semplice ma non semplicistico!
Le parole sono importanti e la regola di Mehrabian ha valore se c’è coerenza comunicativa, ma quando l’obiettivo della comunicazione è evitare che gruppi di persone si uniscano al fine di evitare un contagio volatile, che passa per un niente da una persona all’altra, allora non basta parlare di distanza, il significato deve essere forte e intenso e deve impattare un più ampio spettro.
Quindi l’amplificazione del concetto avviene attraverso l’aggettivo “sociale” e dunque, attraverso la parola, per inibire, vietare e suscitare una paura immobilizzante, per una giusta causa.
Ma qual è la conseguenza per le relazioni?
Aumento della diffidenza, imbarazzo prossemico.
(Ho visto gente, durante la fase 1, evitare le persone a distanza accelerando il passo, scappando.)
Al contrario, la parola “assembramento” crea una novità per le nostre orecchie e ci risuona diversa da “incontri con gli amici”, “feste” e “raduni” pur implicando proprio quelli, testimoniando come l’utilizzo di una parola meno frequente nell’uso del nostro vocabolario pre covid-19 possa garantirci l’integrità di quei comportamenti evitando di demonizzare la socialità che speriamo di poter ritrovare presto .
È proprio vero, intenzionalmente o casualmente, le parole sono etichette importanti che possono condizionare la nostra fisiologia e i nostri comportamenti. Prestiamo attenzione a come le adoperiamo e, soprattutto, a come le subiamo.