Layout del blog

Antonio Tondi,

attivista politico

Patrimoniale, lo spettro che (purtroppo) non si aggira per il mondo. 

Al Covid-19 va riconosciuto il merito di aver sdoganato il tema della centralità e della funzione dello Stato, come unità organizzativa e garante di ultima istanza delle collettività in esso raccolte. 
Si tratta di un ritorno in auge di un tema la cui rimozione ha radici lontane. 
Con la reaganeconomics e la deregulation è cominciato il trionfo dell’idea per cui il mercato, da solo e senza regolamentazioni e catene, potesse essere in grado di promuovere e garantire il benessere collettivo, e per cui l’interferenza delle istituzioni e della democrazia potesse rappresentare un serio ostacolo per il progresso. 

Un minuscolo microorganismo è stato sufficiente, invece, a palesare la fragilità e l’inganno di quel paradigma.

Ed ecco che nel corso delle ultime settimane è tornata di moda la sanità pubblica ed è invalso il principio per cui il contrasto alla povertà, la salvaguardia dei livelli occupazionali ed il rilancio dell’economia costituissero prerogativa esclusiva di governi, istituzioni sovranazionali o piani di investimenti pubblici. 
Un vero e proprio ritorno dello statalismo a tutela dell’equità e della tenuta dei sistemi economici e sociali dopo che, per decenni, si era sostenuto il modello contrapposto che svuotava lo Stato delle sue prerogative e del suo ruolo a beneficio del mercato.
 
Domani mattina non nascerà una nuova IRI e la finanza ed il mercato non smetteranno di esercitare potere ed influenza nei confronti della politica, ma si è arrivati finalmente, in Europa e nel mondo, ad aprire uno spiraglio ed un dibattito autocritico sui limiti e le contraddizioni del laissez faire.

Esiste, tuttavia, un’altra tematica, oggi attuale quanto ieri se non di più, rispetto alla quale anche il solo intavolare una discussione o un confronto è impresa ardua, scatenando essa una generale levata di scudi sia da parte del mondo della finanza e delle imprese, sia da parte del mondo della politica, inclusi quei partiti che si professano progressisti e dicono di credere e battersi per la giustizia sociale.

Il mio ragionamento riguarda un meccanismo di imposizione fiscale di tipo patrimoniale, che tassi i grandi patrimoni e le rendite immobiliari e finanziarie. 

Ma, come accennavo, una discussione costruttiva su tale argomento risulta impervia, ostacolata quotidianamente e da decenni dalle enormi pressioni esercitate da coloro il cui obiettivo è conservare dei privilegi e sfuggire ad un meccanismo che serva a redistribuire ricchezze ed a ridurre i livelli di diseguaglianza. In Italia, ad esempio, si è arrivati al punto di considerare demoniaca la timida proposta di richiedere ai cittadini con un reddito superiore agli 80.000 euro un contributo di solidarietà per il biennio 2020 e 2021. Quella proposta, che di certo, per come articolata, non poteva rientrare nella definizione di patrimoniale poiché non intaccava le rendite ma soltanto i redditi da lavoro, è stata accolta da un coro unanime di no e dopo due giorni è scomparsa dalle pagine dei giornali, dai talk-show, dalle dirette social. Nelle stesse ore, stessa sorte sta avendo, in Spagna, il progetto di Podemos di tassare i patrimoni superiori al milione per recuperare così 11 miliardi di euro, pari all’1% del PIL nazionale. Le resistenze dei partner di governo del PSOE, all’anagrafe socialisti, sono fortissime.

Se a pagare la crisi dei mutui subprime sono stati il ceto medio e le categorie più vulnerabili della popolazione globale, è proprio a causa delle resistenze ad un meccanismo di tassazione di tipo patrimoniale. Ora, se di fronte alla crisi che sta colpendo e colpirà il mondo, non si decide di invertire la rotta è evidente che le conseguenze rischiano di essere ancor più devastanti di quelle successive al 2007. 
All’orizzonte, tuttavia, pare non esservi nulla di buono. 
La finanza è arroccata nel castello e la gran parte del mondo della politica è impegnato nella strenua difesa dei privilegi dei miliardari. 
Il rapporto pubblicato da Oxfam, alla vigilia del World Economic Forum di Davos dello scorso gennaio, testimonia di come la famosa forbice che contrappone l’1% della popolazione mondiale al restante 99% si stesse ulteriormente allargando. I dati raccolti registrano che 2.153 individui detengono una ricchezza superiore al patrimonio di oltre 4,6 miliardi di persone, mentre il 50% più povero possiede meno dell’1% della ricchezza del mondo. 
La crisi del coronavirus rischia di allargare ulteriormente questa sproporzione e di aumentare il livello delle diseguaglianze, ma potrebbe anche offrire l’occasione per smettere di sostenere un modello così ingiusto. Ingiusto, sì, proprio ingiusto poiché è innanzitutto un tema di giustizia sociale che chi possiede più risorse debba essere chiamato a contribuire per mitigare gli effetti delle contrazioni economiche.

Nel mondo contemporaneo le tasse sul lavoro sono più alte di quelle sul patrimonio, anzi esistono norme speciali che garantiscono una tassazione favorevole delle plusvalenze e dei dividendi e lo stesso accade per la ricchezza ereditata, non esistendo in numerosi Paesi leggi adeguate in grado di prevedere una imposizione equa delle successioni ereditarie. Tutto ciò, peraltro, impone costi eccessivi per le finanze pubbliche che oggi non se la passano proprio bene.

Una tassazione equa e completa dei redditi da capitale e delle rendite immobiliari consentirebbe di recuperare risorse per finanziare la spesa pubblica e gli investimenti pubblici. 
Inoltre, la patrimoniale servirebbe a contrastare la crescita della diseguaglianza globale e ad evitare che i miliardari accumulino ricchezza ad un ritmo superiore della crescita delle economie nazionali, con conseguente aumento delle disparità di ricchezza.

Davanti a noi si paventa la crisi economica più tragica che il mondo successivo alla seconda rivoluzione industriale ricordi e, nella ricerca di politiche economiche in grado di salvaguardare i livelli occupazionali, contrastare la povertà e sostenere i welfare nazionali, è assurdo che la tassazione dei grandi patrimoni e delle rendite non costituisca un tema di proposta politica o di dibattito pubblico.


Autore: La redazione 27 lug, 2023
Politiche per il cambiamento climatico significa città sostenibili. Quelle italiane sono pronte?
Autore: Andrea Maestri 08 mar, 2023
Lettera alla donne di Cutro
Autore: Irina Di Ruocco 07 mar, 2023
Tra Super-bonus e Super-opportunità
Autore: Giancarlo Marino 04 mar, 2023
La copertina è tratta da Palestina. Una nazione occupata opera di Joe Sacco fumettista e giornalista. 
Autore: Paolo De Martino 27 feb, 2023
La vera sfida inizia adesso
Autore: La redazione 25 feb, 2023
Il sostegno a una confederazione israelo-palestinese sta guadagnando terreno
Show More
Share by: