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Massimo Minopoli

Attivista politico

Ripensare lo spazio e il tempo delle città grazie alla mobilità dolce.

Il leitmotiv del 2020 è “nulla sarà più come prima”.
Ce lo ripetono i governanti, i commercianti che cercano di adeguarsi ai nuovi DCPM, ai mercati rionali con ingressi differenziati, contingentati e presidiati. Tutte le categorie sono coinvolte in questo necessario cambiamento. Uno dei temi che risulta più in discussione è però quello della mobilità. Dopo la sanità e le risorse economico-finanziarie, la mobilità urbana è al centro del dibattito nazionale, per la fase della ripresa.

Quali soluzioni possibili per la mobilità, soprattutto all’interno delle città, in questa fase di cambiamento ? 

I numeri parlano chiaro. 
Un normale autobus di linea, che di solito ospita fino a 70 posti, oggi può nel rispetto delle misure di distanziamento obbligatorio, ospitare massimo 15 persone. Un vagone metropolitano, che può arrivare ad ospitare fino a 150 persone, oggi può trasportare circa 30/35 persone.
Pensabile quindi quintuplicare le corse di bus e metro? 
La risposta è no. 
Sarebbe auspicabile ma è utopico, irrealizzabile.
Eppure, muoversi, volente o nolente, rimane certamente una priorità.
Farlo con mezzi privati? 
Il costo medio annuo di un’autovettura nel 2019 in Italia – tra bollo, assicurazione, carburante e manutenzione – si aggira attorno ai 1.614 euro, valore variabile da regione a regione. La crisi da Covid-19 ha ampliato la crisi economica, che già si sentiva forte, e tutte le famiglie stanno cominciando a stringere la cinghia e decidere quali priorità seguire. 
Muoversi il meno possibile in auto è già un imperativo.

Facendo i conti con questa realtà è utile oltre che necessario ripensare a come muoversi per evitare il congestionamento delle città ed evitare di ritornare ai livelli critici di inquinamento da polveri sottili e gas di scarico. Voglio ricordare che è stata avanzata la possibilità che ci sia una stretta correlazione tra l’espansione virus e la presenza di inquinamento in quanto, secondo le considerazioni contenute nel documento del Sima – Società Italiana di Medicina Ambientale, condiviso con le strutture dell’Università di Bologna e dell’Università di Bari, il particolato atmosferico sembrerebbe fungere da vettore per il virus stesso.

La soluzione alla mobilità per la fase 2 c’è, è stata inventata alla fine del 1800, si chiama bicicletta.

L'uso della bici è caratterizzato da un impatto ambientale pressoché nullo, da costi modesti, da effetti positivi sulla salute – utili ad aumentare le nostre difese immunitarie appassite in questi due mesi di lockdown –, da bassi ingombri del mezzo nel traffico cittadino, a garanzia anche del distanziamento sociale obbligatorio. 
Con queste premesse, tanti comitati, associazioni e cittadini hanno spinto il governo a prendere decisioni importanti nell’ultimo decreto. Pare si sia finalmente colta l’importanza e la valenza di una mobilità dolce, alternativa in questa fase così delicata di ripartenza. Si prevede un rimborso fino al 60% sul costo totale del mezzo acquistato, fino ad un tetto massimo di 500 euro. Mai così tanti soldi erano stati destinati per l’acquisto di mezzi come biciclette (di ogni tipo), monopattini, segway, monowheel e hoverboard. 
Una cifra importante, per i cittadini, resta pur sempre un po’ di amaro in bocca, perché ai comuni, non è destinato nulla in termini di risorse per migliorare le strade o promuovere nuovi percorsi ciclabili. 
Le grandi città, come Roma, Torino, Milano e Napoli si erano organizzate già da prima del decreto rilancio per nuovi percorsi ciclabili. 
C’è ad oggi soltanto un documento che parla di Linee guida sperimentali per lo sviluppo della mobilità ciclabili.

Oggi ci aspetta una sfida culturale importante affinché davvero nulla torni più come prima, affinché l’Italia non torni ad essere un paese auto-centrico.




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