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Anna Starita

Attivista Politica

Per Napoli una resistenza rappresentativa. 

L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo mette a dura prova tutti i cittadini. Dopo un’estate, molto più libera e spensierata rispetto ai mesi di chiusura che la precedevano, nessuno era realmente preparato ad affrontare nuove misure restrittive. 
Ci troviamo a vivere uno stato emotivo precario e tumultuoso che molti non sono nelle condizioni di poter gestire. In questo contesto generale, mi fa rabbia vedere una città aperta e solidale, come Napoli, sia caratterizzata da così tanti comportamenti securitari, di puro giustizialismo. Persone che registrano e riprendono altre perché si trovano in un determinato luogo, come se loro stessi non si trovassero lì mentre con i loro cellulari immortalano gli altri. Comportamenti incentivati da discutibili conferenze stampa e dall'assenza di controlli.
Nel pieno di una profonda crisi, Regione e Comune decidono di non collaborare. 
Si alternano dichiarazioni di vari esponenti che si colpevolizzano a vicenda e puntano il dito contro i cittadini come se non fossero loro ad avere la maggiore responsabilità nella non gestione della fase. Persino i bambini sono strumentalizzati e offesi.
Proprio quei bambini che sono stati gli ultimi ad entrare nelle aule e i primi ad uscirne. 
Dopo settimane di campagna elettorale, sin da subito per arginare il contagio, il presidente De Luca chiude le scuole e privilegia la didattica a distanza, pensando di risolvere così il problema del contagio, dei mezzi pubblici strapieni. Intento irrealizzato e che non ha tenuto conto di tanti fattori, come la incidenza di questa scelta sulla vita dei più piccoli e del loro percorso di formazione. 
In questo quadro di gran confusione, tra DPCM e ordinanze, Napoli è attraversata da una capacità di resilienza unica. Anche se nessuno vuole realmente provare a capire cosa stia avvenendo, cosa rappresenti e dove porterà il malessere in risposta a così tanta confusione normativa e all’insicurezza sia economica che sanitaria. 
Piazze e manifestazioni vengono ignorate o derubricate mentre, invece, raccontano altro e tanto.
In questo quadro si è tenuto lunedì il Consiglio Comunale di Napoli che ha dato dimostrazione della più grande mancanza di rispetto che si potesse offrire alla città e ai napoletani tutti.
Sarebbe dovuto essere il luogo di analisi e discussione, ma così non è stato.
Dopo i primi 45 minuti di question time, il presidente Sandro Fucito ha dovuto spiegare ai consiglieri le modalità di utilizzo di telecamere e microfoni e illustrare passaggi dell'apposito regolamento non chiari ai più (chi sa se letto!), come se in mesi di chiusura non fosse mai stato usato lo stesso strumento per commissioni o per l'espletamento di altri lavori.
Si è proceduto con l'appello, con le dimissioni di Fulvio Frezza da vice presidente del consiglio comunale, con il minuto di silenzio in segno di solidarietà per i consiglieri comunali Caniglia e Solombrino, dopodiché il presidente Fucito ha dato lettura di una lettera della consigliera Carfagna che affidava alle parole scritte i motivi della sua assenza preannunciando le dimissioni che seguiranno nei tempi e modi stabiliti dalla legge.
Il Consiglio è diventato così un dibattito sulla natura formale, sostanziale e giuridica di quanto letto da Fucito.
Si sono alternati una serie di interventi sulla interpretazione della lettera della Carfagna sulla valenza legale della pec. Un dibattito lunghissimo e mai argomentato in diritto nonostante la puntuale lettura dell’articolo 38, comma 8, del Tuel da parte del Presidente e poi del Segretario Comunale.
Del bilancio, della crisi della città, nulla.
Il Consiglio è andato avanti.
Superato il caso Carfagna, la parola è passata ad un altro consigliere che ha posto all'ordine del giorno come questione preliminare: la necessità di un consiglio dal vivo e non telematico.
Il presidente Fucito ha spiegato che la decisione di tenere il consiglio comunale in modalità telematica è stata democraticamente assunta in riunione dei capigruppo ma nonostante ciò si è deciso di procedere alla votazione: 18 a favore della mozione preliminare, 17 contrari, 1 astenuto.
Si è fatta una nuova conta e stavolta è venuto meno il numero legale.
In serata è arrivata, poi, la comunicazione del rinvio della seduta che si sarebbe dovuta ieri, martedì.
E così in piena crisi economica e sanitaria è saltata la seduta sul bilancio preventivo perché i nostri rappresentanti non sono stati in grado di affrontare un consiglio in videoconferenza.
Napoli e i suoi problemi sono stati completamente dimenticati.
Cosa è questo se non un modo subdolo per non affrontare l’oggetto del dibattito?
Napoli merita di più.
È terribilmente evidente che molti degli uomini e delle donne che siedono in Consiglio Comunale non sono altro che persone interessate solo al proprio destino personale.
Alle prossime elezioni dobbiamo avere il coraggio di votare chi è mosso da passione, chi è abituato a combattere e difendere principi e valori, perché solo così potremo essere sicuri che troveranno voce gli interessi di tutti.
Chiamatela se volete resistenza rappresentativa.

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