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Mariella Vitale

docente precaria di scuola superiore in materie umanistiche, ha pubblicato e cura lavori di ricerca di storia contemporanea.

Reddito di base universale: andare incontro al futuro senza incertezze

Sul finire del marzo scorso, in pieno lockdown, su “Milano Finanza” ci si interrogava sull'opportunità di “una nuova Lex Frumentaria per dare subito cash a chi non ce l'ha. Per offrire un reddito a chi l'ha perduto la via più veloce è quella già usata ai tempi dell'antica Roma. Oggi occorre passare direttamente attraverso il circuito bancario senza pastoie burocratiche”. Così titolava l'articolo (https://www.milanofinanza.it/news/serve-una-nuova-lex-frumentaria-per-dare-subito-cash-a-chi-non-ce-l-ha-202003281954479394), per evidenziare l'urgenza di “immettere liquidità qui e oggi, cercando di evitare così sofferenze e rischi di rivolte, ma anche la chiusura definitiva di moltissime piccole e piccolissime imprese, sarebbe assolutamente sbagliato inventarsi procedure, magari allo stato dell'arte informatica, ma troppo farraginose, la cui realizzazione porterebbe via troppo tempo prezioso”, non mancando di sottolineare che “le distribuzioni gratuite di beni o denaro sono moralmente censurabili, ma è anche vero che quando ci si trova in uno stato di necessità bisogna decidere rapidamente e nel modo più semplice, anche a costo di commettere qualche iniquità”.
La riflessione del quotidiano finanziario, diretta alla necessità di ristori per gli esercenti, ci porta direttamente al cuore della questione: nel senso comune è ancora oggi radicata la convinzione che distribuire denaro senza che vi sia collegata direttamente la produzione di beni o l'offerta di prestazioni e altre utilità di rilevanza sociale sia moralmente inaccettabile, ma tale convinzione si scontra oggi con l'impossibilità di pretendere da un numero sempre maggiore di individui prestazioni lavorative davvero utili alla crescita sociale ed economica. In prima battuta è stato l'avvento delle restrizioni, con lo stop forzato a molte attività, a porre il problema in maniera urgente, tuttavia è già da decenni che il mondo del lavoro ha subito modificazioni profonde e irreversibili nel senso dell’automazione da un lato e della precarizzazione dall'altro. 
Non solo, è necessario allargare ulteriormente il discorso includendo altri profondi mutamenti in corso, per avere un quadro globale nel quale inserire la proposta di un REDDITO DI BASE UNIVERSALE attualmente posta sul tavolo da un gruppo di cittadini europei in una consultazione ufficiale diretta alle istituzioni dell'Unione (https://eci.ec.europa.eu/014/public/#/screen/home). Tale proposta ha come obiettivo “avviare l'introduzione di redditi di base incondizionati in tutta l'UE che assicurino a ciascuno la sussistenza e la possibilità di partecipare alla società nel quadro della sua politica economica. L'obiettivo sarà raggiunto restando nell'ambito delle competenze conferite all'UE dai trattati”, così recita il testo della petizione, che da due mesi e mezzo circa raccoglie consensi più o meno cospicui in ciascun paese membro, a partire dalla Slovenia, che ha già raggiunto e abbondantemente superato la soglia minima di firme, seguita dalla Grecia che ne ha raccolte più del 40%, dalla Germania attestata sopra un ragguardevole 34%, da Ungheria e Spagna attorno al 30% e altri a seguire. Più in basso l'Italia si attesta a un prudente 14,4%, facilmente spiegabile con l'assenza di partiti o di grandi testate giornalistiche che ne sponsorizzino l’adesione. Fa eccezione il Blog di Beppe Grillo, che sposa in pieno la causa, ma viene scarsamente seguito da un M5S, ormai attestato sul risultato faticosamente ottenuto, tra mille polemiche, del Reddito di cittadinanza, che non appare propenso a inseguire un risultato più ambizioso. D’altra parte, la quota notevole di fondi di investimenti ottenuta dal premier Conte per il Next Generation EU, con laboriosa negoziazione, spinge il governo a concentrare su questo impegnativo campo tutte le proprie energie. Sono pochi i singoli esponenti del fronte progressista che aderiscono a tale iniziativa, mentre dalle destre non pare emergere alcun interesse.
Tralasciando le misure di sostegno dell'antichità, o le raffinate utopie di alcuni filosofi rinascimentali, l'idea di un reddito di base, pur sotto svariate forme, (https://valori.it/in-principio-fu-paine-220-anni-di-idee-attorno-al-reddito-universale/), si è riproposta a più riprese in varie fasi della rivoluzione industriale, che hanno portato all'aumento di beni e soluzioni disponibili, dal campo dell'alimentazione, a quello della medicina e chirurgia fino alle più svariate forme di accessori e mezzi di produzione, che hanno resa più ricca e progredita la società e hanno progressivamente liberato la manodopera umana sostituendola con l'automazione, portando a economie sempre più terziarizzate. Tutto ciò è avvenuto però a scapito di un equilibrio tra l'uomo e l'ambiente reso sempre più precario. Inoltre negli ultimi decenni e ancor più nel corso della pandemia da Covid-19 si è assistito a una sempre più marcata crescita delle diseguaglianze tra una minoranza di ricchi sempre più ricchi e una stragrande maggioranza di gente comune sempre più impoverita (si veda a titolo di esempio il più recente rapporto Censis che fotografa il dato italiano allarmante, nell'ambito del fenomeno globale https://www.censis.it/rapporto-annuale).
Attualmente appare assai arduo, soprattutto in Italia che già da prima stentava a riaversi dalla precedente crisi, vedere una decisa ripresa dell'economia, dopo lo shock pandemico, in mancanza di misure di redistribuzione della ricchezza ed è facile intuire che non sarà semplice attuare una vera riconversione industriale senza un "salvagente" che metta al sicuro quei lavoratori che ne saranno penalizzati. Le riconversioni industriali non sono la cosa più agevole da attuare. Il denaro del Next Generation Eu è una risorsa importante, ma non è una bacchetta magica. In tal senso servono non solo idee e progetti, ma il coraggio di portarli avanti, il coraggio di cambiare mentalità e modi di produrre, il coraggio di chiudere una fabbrica inquinante oggi per aprirne un'altra sostenibile domani, di lasciare indietro qualcuno che non vuole o non può adeguarsi ai nuovi sistemi di produzione per lasciar spazio ad altri. 
In questo scenario l'iniziativa dei cittadini europei per un REDDITO DI BASE UNIVERSALE (https://eci.ec.europa.eu/014/public/#/screen/home) appare tempestiva e appropriata e consentirebbe, se non di risolvere, quantomeno di affrontare assai meglio un ampio ventaglio di problemi su cui i governi che si sono susseguiti negli ultimi decenni sono andati a sbattere (https://www.facebook.com/groups/IstituzioneRedditoDiBaseUniversalePetizione/permalink/679940672850414/): dalla lotta alla povertà, che consentirebbe di incrementare e migliorare anche l’istruzione; alla lotta al clientelismo, al voto di scambio che inquinano da sempre la vita democratica del paese e del territorio e si alimentano anche grazie alle ancor cospicue sacche di marginalità, come pure la microcriminalità e l'affiliazione alle organizzazioni criminali in mancanza di alternative. Consentirebbe una vita dignitosa e più serena a molti individui affetti da malattie croniche invalidanti non riconosciute dal sistema sanitario nazionale (https://www.facebook.com/groups/IstituzioneRedditoDiBaseUniversalePetizione/permalink/789505218560625/), come pure a coloro che perdono il lavoro a causa della progressiva robotizzazione dei processi produttivi e, ormai, anche di sempre più ampie gamme di comparti dei servizi. In ultimo, ma non per ultimo, tale misura porterebbe un miglioramento della qualità della vita e anche del mondo del lavoro con svariate ricadute positive (https://www.facebook.com/groups/IstituzioneRedditoDiBaseUniversalePetizione/permalink/679940672850414/). Tra queste ci sarebbe in particolare la tutela delle donne in difficoltà, vittime di violenza o svantaggiate nella ricerca dell'impiego, come pure di tutte quelle persone vittime di ingiustizie e soprusi, che potrebbero sentirsi più forti nel denunciarli.
Inoltre, unita alla smart working, potrebbe favorire una più equilibrata distribuzione della popolazione sul territorio (https://www.facebook.com/groups/IstituzioneRedditoDiBaseUniversalePetizione/permalink/808876593290154/), andando a decongestionare le grandi aree urbane e a ripopolare piccoli centri e comuni in spopolamento (processo più che mai auspicabile https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10159498685071535&id=625946534).
L'introduzione di questa misura rischia di essere ostacolata da vari pregiudizi. Il primo è quello espresso da “Milano Finanza”, da cui siamo partiti: non è moralmente accettabile dare denaro senza un corrispettivo sforzo produttivo o intellettuale. Tale riserva è superata dal fatto che attualmente, e col tempo sarà sempre peggio, a produrre beni e servizi saranno sempre più spesso intelligenze artificiali capaci di sostituire al meglio l'opera umana. A questo aggiungiamo che a fronte della diffusa povertà e delle crescenti diseguaglianze anche la Chiesa ha aperto a questo tipo di soluzione, sia nella persona del Papa (https://www.facebook.com/groups/IstituzioneRedditoDiBaseUniversalePetizione/permalink/798742220970258/) sia tramite autorevoli mezzi di stampa cattolica (https://www.laciviltacattolica.it/articolo/una-retribuzione-universale/).
Il secondo pregiudizio è l'idea che non esista denaro a sufficienza da redistribuire a tutti, né si vede perché di tale misura dovrebbero beneficiare anche i ricchi e persino i delinquenti. Quest'altra riserva è facilmente superabile con un sistema di redistribuzione della ricchezza che vada a riequilibrare il possesso di beni e denaro introducendo tassazioni anche su base internazionale (ad esempio la data tax che riguarda i giganti del web, oppure la carbon tax, che andrebbe a colpire le industrie inquinanti per scoraggiarne il mantenimento, oltre a semplici imposte patrimoniali limitate a livelli alti di ricchezza), capaci di restituire alla mano pubblica anche eventualmente le somme di reddito di base di cui i più fortunati non hanno certo bisogno. Riguardo ai patrimoni illegali esistono meccanismi giuridici di confisca che si spera possano accompagnare l'opera di repressione, in maniera sempre più efficace.
Il terzo pregiudizio è che la gente non abbia voglia di lavorare. È vero il contrario, che la stragrande maggioranza degli individui fa di tutto per lavorare e molti sono legatissimi al proprio lavoro. Diversi studi e sperimentazioni hanno mostrato come la stragrande maggioranza di persone che percepiscono un sussidio hanno continuato a lavorare. Tante persone non solo si sacrificano ma addirittura si identificano col proprio lavoro. 
Ci sono imprenditori ed esercenti che si identificano di nome e di fatto con le loro piccole o medie imprese che considerano loro creature, quasi dei figli; alcuni non reggono e la fanno finita se costretti a chiudere e licenziare; ci sono dipendenti che vanno volentieri al lavoro anche se non si sentono benissimo per scrupolo verso datori di lavoro e clienti; professionisti che pensano al lavoro in ogni istante del giorno e anche della notte; insegnanti che restano a scuola a fare ogni tipo di attività oltre l'orario di lavoro, anche d'estate, senza alcuno straordinario; operai in cassa integrazione che scalpitano per tornare al lavoro e non solo per avere lo stipendio pieno. Costoro sono la grande maggioranza. 
Se tutti costoro ricevessero anche €1.000, semplicemente in quanto cittadini, avrebbero solo più serenità, più soldi da spendere o da risparmiare e ancora più voglia di rendersi utili alla società col lavoro e magari saranno ancora più performanti e produttivi. Non solo, ma tutte le attività socialmente utili e significative come cultura, arte, solidarietà, assistenza, volontariato, sport, verranno in qualche modo coperte e incentivate dalla maggiore libertà. Coloro che non sono motivati, vanno al lavoro controvoglia e mantengono il posto solo per lo stipendio e spesso sono più un peso che una risorsa, magari avranno la possibilità di cercare altro, e di cedere il posto a chi è più meritevole.
A conferma del fatto che i tempi appaiano maturi per considerare il Reddito di base universale come la piattaforma su cui costruire un nuovo equilibrio socio-economico vi è un proliferare di petizioni in tutta Europa e non solo (https://ubi-europe.net/ubi/petitions-for-any-type-of-basicincome-or-helicoptermoney/), ma anche di iniziative e dibattiti su questo tema https://www.facebook.com/groups/IstituzioneRedditoDiBaseUniversalePetizione/permalink/788358802008600/ https://www.facebook.com/groups/IstituzioneRedditoDiBaseUniversalePetizione/permalink/806880743489739/
L'auspicio è che la consultazione aperta lo scorso 25 settembre e diretta alle istituzioni europee per assegnare un reddito di base universale raccolga al più presto la soglia di un milione di firme richiesta, affinché la misura possa essere attuata in tempo utile per affrontare la ripresa dallo shock pandemico e le odierne sfide del cambiamento globale.


Piccola bibliografia non esaustiva:
R. Bregman, Utopia per realisti, Feltrinelli 2017; Una nuova storia (non cinica) dell'umanità, Feltrinelli 2020. 
P. Van Parijs, Y. Vanderborght, Il reddito di base. Una proposta radicale, Il Mulino 2017.
G. Standing, O. Granados, No puedes ser libre si eres pobre, El Pais, 22 novembre 2020.
G. Standing, A. Bonetti, Ora il reddito universale: basta sussidi condizionati, Il Fatto Quotidiano, 15 settembre 2020.
G. Standing, G. Ferraglioni, Il reddito universale? Con la pandemia è diventato un imperativo economico, Open.online, 13 novembre 2020.
R. Maggiolo, La lezione del 2020: il futuro del lavoro è non essere più un diritto, Huffington post, 12 dicembre 2020.


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