Qualsiasi atto, anche il più efferato, comincia in potenza, con un pensiero, che si trasforma in parola e, quindi, in un esercizio di potere.
La sociologa Graziella Priulla ha scritto nel suo libro “C'è differenza”: “Con le parole si formano i significati che danno senso ai vissuti. La lingua può essere usata per rispettare o per disumanizzare, per stimolare comportamenti civili o incivili: bisogna prestarvi molta attenzione, perché è il mezzo privilegiato attraverso cui costruiamo i significati, e questa costruzione è condivisa da altri, e se non è socialmente delegittimata sarà imitata. Una società in cui si possa insultare o denigrare un essere umano senza essere mal giudicati è a rischio di barbarie”.
La banalizzazione dei concetti, anche e soprattutto nella conversazione ordinaria ed informale produce stereotipi, ossia quelle percezioni rigide, semplificate ed astratte di uno o più aspetti della realtà; e il nostro è un Paese che sguazza dentro gli stereotipi, in particolare quelli di genere.
L'ennesimo affronto alla dignità delle donne è giunto questa volta dall’assessore regionale della Lombardia Giulio Gallera che ha tentato di giustificare la sua fantasiosa e antiscientifica spiegazione sull’indice Rt a 0,50 in Lombardia dichiarando in un’intervista televisiva di essersi espresso in quel modo a suo dire “semplificato” per essere compreso anche dalle massaie.
Immediate le reazioni sul web.
In particolare ha raccolto un numero cospicuo di adesioni l'iniziativa lanciata su da Ester Rizzo Licata, scrittrice e conferente per la Sicilia dell'associazione “Toponomastica femminile”. Infatti, un post su Facebook dal titolo “SIAMO TUTTE MASSAIE E NON DICIAMO CORBELLERIE” scritto dalla stessa Ester Rizzo Licata è divenuto una vera e propria petizione che in poche ore ha raccolto più di mille sottoscrizioni tra singole persone – in maggioranza donne ma anche molti uomini - ed associazioni che lavorano sul territorio nazionale contro la violenza sulle donne.
Tra le adesioni spiccano le scrittrici Dacia Maraini e Giuseppina Torregrossa, la sociologa Graziella Priulla, l'attrice Lucia Sardo e Rosa Oliva – presidente dell'associazione “Rete per la Parità” e colei alla quale le donne italiane devono la sentenza n.33 della Corte Costituzionale che il 13 maggio 1960 abolì le discriminazioni di genere nelle carriere pubbliche. Hanno aderito anche diverse consigliere per la parità di diverse regioni italiane.
Scrive Ester Rizzo: “L'assessore della regione Lombardia Gallera […] ha offeso l'intelligenza delle donne per giustificare la delirante gaffe da lui pronunciata sul coefficiente di contagio del covid 19. Troppo spesso, ormai, le donne vengono denigrate nel linguaggio usato da giornalisti e rappresentanti delle Istituzioni. Questo non è un attacco politico, come vuol far credere Gallera, è semplicemente dire BASTA con fermezza al sessismo imperante nel nostro Paese. Non è più tollerabile. Le 'massaie' hanno fatto la storia dell'Italia e ancora oggi sono la ricchezza della Nazione perché svolgono gratuitamente il lavoro di cura che spetterebbe ad uno Stato civile e democratico ed il lavoro domestico che dovrebbe essere equamente condiviso tra i generi. Assessore Gallera: le italiane sono quasi tutte massaie, dalle professioniste anche con ruoli apicali alle casalinghe poiché tutte svolgono un lavoro prezioso per l'Italia. Non tolleriamo più arroganza e ignoranza di chi come lei ci offende e purtroppo ci governa".
L’iniziativa ha dato un segnale forte non soltanto a Gallera ma anche e soprattutto alle nuove generazioni che si affacciano alla vita in questa società in cui il peso degli stereotipi produce disuguaglianze e violenza.
Insieme possiamo e dobbiamo fare la differenza perché abbiamo teste che pensano e ragionano, con braccia che lavorano e gambe stanche di correre e schivare ostacoli e disuguaglianze per ottenere ciò che ci spetta per diritto. Lavoriamo duramente per abbattere il soffitto di cristallo che si impone sulle nostre teste e impedisce a molte di noi di poterlo infrangere. Siamo donne con ruoli che pesano, ciascuno il suo, contribuiamo con il nostro lavoro e il nostro pensiero allo sviluppo umano e sociale di questo Paese e non vogliamo più accettare di essere trattate con volgarità e sufficienza da nessuno: tantomeno da membri di organi rappresentativi ed istituzionali.
Siamo tutte massaie.
Siamo tutti massaie.