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La redazione

Sindaci. Napoli al palo. Roma, ostaggio della Raggi. Torino e Bologna nel caos. Trieste e Milano si compattano

Il rinvio delle elezioni amministrative dalla primavera all’autunno del 2021 non ha risolto le diatribe interne agli schieramenti politici. Le ha semplicemente procrastinate ingarbugliando sempre di più il quadro di riferimento politico e quello delle alleanze.
Vediamo nel complesso come evolvono le situazioni nelle principali città.

Napoli.
Per ora nel capoluogo campano le uniche candidature ufficiali sono quelle di Antonio Bassolino e di Alessandra Clemente. E man mano che passa il tempo, le due candidature considerate inizialmente di secondo piano continuano a raccogliere consensi, a crescere e a mettere in seria difficoltà per la loro autorevolezza e per la loro ferma aderenza alla realtà della città. Il centro-sinistra classico, d’altronde, è fermo al palo in attesa che da Roma giunga il nome buono che accontenti sia i pentastellati che il Presidente della Regione Vincenzo De Luca. In effetti, sembra che l’intoppo sia proprio lì. Prima ancora del nome, a Napoli c’è un problema di linea politica. Il PD napoletano e il Movimento 5 Stelle danno per fatto l’accordo al di là del nome che può essere quello di Fico o di Manfredi. De Luca, da maggiorente e plenipotenziario del PD, vorrebbe riproporre su Napoli l’alleanza che lo ha portato alla riconferma in Regione Campania e quindi ha aperto il tavolo di confronto con il centro moderato e pretende la conseguente chiusura al dialogo con il Movimento di Di Maio. Non sarebbe bastata a de Luca, infatti, la nomina del figlio a vicecapogruppo del PD alla Camera per lasciare spazio alla costruzione dell’alleanza giallo-rossa a Napoli. La confusione è tanta e ad alimentare questa sensazione ci sono anche i continui rumors che vorrebbero un tentativo sotterraneo di Marco Sarracino per accreditarsi come possibile sintesi locale, un altrettanto velato tentativo di Francesco Borrelli di dare vita ad una alleanza ecologista per Napoli e il velleitarismo di Italia Viva che avanza la candidatura senza speranze di Gennaro Migliore. A queste tre ipotesi che non trovano al momento conferme né sponde, vi è poi da aggiungere la situazione che riguarda Sergio D’Angelo, l’uomo che rappresenta il terzo settore a Napoli, il quale da mesi si muove nell’alveo del detto e del non detto. Per lui è stato firmato un appello e lo stesso D’Angelo non ha declinato l’invito ma neppure ha fatto il passo decisivo. In definitiva, sembra che attenda come attendono tutte e tutti i cittadini e le cittadine napoletane.

Roma.
Virginia Raggi non fa un passo indietro. Correrà per la riconferma e lo farà con o senza il simbolo del Movimento 5 Stelle. Una scelta coraggiosa quella della Sindaca che sicuramente non ha brillato nell’arco di questa consiliatura né per l’ordinaria amministrazione né per la programmazione futura. Una scelta coraggiosa che crea enorme confusione dentro e fuori i pentastellati. In effetti, la posizione di Virginia Raggi è complicata sia dentro che fuori il Movimento. La sua ricandidatura è stata annunciata da Beppe Grillo che l’ha paragonata a Wonder Woman ma è stata avanzata soprattutto da Alessandro Di Battista, il capo dei rivoltosi, ed è sostenuta dalla Casaleggio Associati, ormai nemica numero 1 del Movimento 5 Stelle. Sembra un vero e proprio risiko su cui c’è l’ombra lunga di Zingaretti. L’ex segretario del PD e attuale Presidente della Regione Lazio sembra stia prendendo in seria considerazione la propria candidatura a Roma. Questa possibilità apre strade enormi soprattutto se a fare da trampolino alla sua candidatura dovrebbero essere le primarie indicate in primis da Letta. Il nome di Zingaretti ha frenato ovviamente Gualtieri che aveva dato la propria iniziale disponibilità e ha mandato nel panico più totale Calenda. Il fondatore di Azione, infatti, ancorato al sostegno di Italia Viva e Più Europa, non vorrebbe accettare le primarie per fare convergere sul proprio nome il PD ma i Dem non hanno nessuna voglia di cedere la Capitale a uno dei partiti satellite che non l’hanno accompagnato nell’avventura del governo Conte e che continuano ad osteggiare l’accordo politico e programmatico con il Movimento 5 Stelle. Offrire a Calenda la poltrona di Sindaco di Roma – ruolo sempre determinante per gli equilibri nazionali – potrebbe risultare infatti un autentico autogoal nella strategia politica generale di Letta basata sull’asse PD/M5S allargato a pezzi di sinistra ed ecologisti. Sostenere Calenda a Roma rafforzerebbe strategicamente l’asse liberale che si oppone alla strategia di Letta e l’uomo ritornato dall’esilio francese non pare più disposto a stare sereno.

Torino e Bologna
Se Napoli e Roma sono sostanzialmente ferme, Torino e Bologna di certo non ballano.
Il capoluogo piemontese vive il dramma della mancata ricandidatura – per sua stessa volontà – di Chiara Appendino la quale ha comunque garantito il suo appoggio ad una alleanza larga che metta insieme Movimento, PD, Sinistra e civiche. Il problema è che, nel gioco delle alleanze nazionali, Torino dovrebbe essere una delle città dove a proporre il candidato sindaco deve essere il PD. I Democratici però – a Torino come altrove – sono turbati da faide interne laceranti. Anche qui, Letta e la segreteria del partito democratico vorrebbe rilanciare le primarie per definire il quadro d’insieme e stanare i pentastellati ma, a differenza che altrove, vi è un ulteriore problema: le Sardine. Nel mezzo della discussione è infatti avanzata la proposta delle Sardine che da giorni hanno annunciato la possibilità di scegliere un proprio candidato sindaco a causa delle lungaggini dei processi decisionali del centro-sinistra. Nel loro comunicato si legge testualmente: “Lo sceglieremo in modo democratico: ognuno potrà candidarsi, dopo dieci giorni sceglieremo i tre candidati con più preferenze e procederemo alle votazioni, sempre on-line. Un giorno e avremo il nostro candidato”. Intanto, come dicevamo, fatica a farsi spazio la proposta Appendino di una alleanza giallo-rossa nonostante il possibilismo di Portas, portavoce dei Moderati, sempre molto presenti in città. Una piccola nota a margine. Riportiamo un virgolettato. “Il nostro candidato a sindaco di Torino? Ci sono più personalità che stiamo valutando. Claudio Marchisio è un nome che sta in una rosa di possibili candidati. È un uomo con capacità e anche una volontà di misurarsi con le cose, viene da un'esperienza distante dalla politica ma questo non è un ostacolo. Certamente il nostro candidato sarà di qualità perché stiamo scegliendo tra personalità di qualità”. Di chi è questa affermazione secondo voi? Di Piero Fassino! Chissà se Marchisio intraprenderà mai una carriera politica, ora. 
E allo stesso modo chissà se un Marchisio spunterà anche a Bologna.
Nel capoluogo emiliano-romagnolo la battaglia era tutta interna al PD con i candidati Lepore e Aitini a giocarsela colpo su colpo senza paura di farsi del male prima che scendesse su di loro la necessità di fare le primarie per risolvere la disputa. Accettata la soluzione anche di buon grado grazie alla mediazione di Letta, si è messa di traverso però il redivivo Matteo Renzi che, ormai fuori da tutti i giochi e con un partito sostanzialmente inesistente, punta a strappare almeno un sindaco e ha proposto la candidatura della sindaca di San Lazzaro, Adelaide Conti, per spingere sul grimaldello delle contraddizioni e delle correnti interne al PD. Sembra che al momento però, tranne per alcune singole defezioni come quella dell’assessore al lavoro della città felsinea Marco Lombrado, il tentativo non abbia nutrito molti effetti. Anzi, sembra avere ricompattato il PD tanto che il candidato Lepore si è lanciato in una importante dichiarazione: “La città ha già respinto il leader della Lega. Dopo Salvini, fermeremo Renzi”.

Milano e Trieste
Le situazioni di Milano e Trieste sembrerebbero quelle maggiormente definite. Qui la ricandidature di Sala, la cui adesione ai Verdi Europei ha destato enorme interesse, e la candidatura di Francesco Russo, sostenuto dal movimento civico “Punto Franco” e dal resto del centrosinistra sembrano, al di là del risultato atteso, dei punti fermi.

In sostanza, con queste amministrative si delineerà il quadro politico dell’alleanza di centro-sinistra e si capirà sin dove l’asse tra Letta e Conte riuscirà a reggere all’impatto delle resistenze locali facendosi forza in ogni caso della possibilità di un dialogo al ballottaggio. 
Al momento ad uscire con le ossa rotte dalle trattative sembrano essere Azione ed Italia Viva su cui grava la responsabilità politica di avere fatto cadere il governo Conte bis e la volontà di indirizzare dall’esterno le scelte del PD attraverso continui non dichiarati ricatti.
Ciò che risulta non pervenuto è un qualsiasi afflato di sinistra. Se si esclude la candidatura a Napoli di Alessandra Clemente, figlia dell’esperienza DEMA, e il tentativo di dare vita ad una alleanza alternativa a Trieste così come a Roma, il campo della sinistra non risulta in grado di costruire sui territori leadership che contendano realmente elettorato. E lo stesso ragionamento vale per gli ecologisti nonostante la nascita del gruppo parlamentare che fa capo a Rossella Muroni. La speranza per entrambi rimane quella di recuperare almeno qualche seggio in consiglio comunale. Magra consolazione? In questi tempi di dieta, meglio del resto di niente.

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