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Elio Serino

Scrittore e operatore culturale. 

Un punto di vista diverso

Aspettava il momento giusto.
Prese dalla confezione due pillole di sonnifero, una la sbriciolò nel bicchiere del marito, l’altra la divise a metà e fece sciogliere le due parti nel latte dei gemellini.
Non ci volle molto. L’uomo prese a respirare profondamente e i due piccoli avevano un visino sereno, disteso.
Lei andò ad accucciarsi in cucina sistemandosi di fronte alla sedia dove il padre di solito prendeva posto, avvolta e riscaldata da una pesante vestaglia. Il fumo di una tisana alla melissa si sprigionava da un bicchierone spesso, bianco latte. Qualche stella birichina occhieggiava attraverso il vetro freddo della finestra.  
Attese tremando.
«Buongiorno Maria».
«Ciao papà. Hai fatto molta fatica?», chiese. Lui sorrideva, indossava la solita giacca da camera color lavagna, con la solita piccola macchia giallognola sul bavero destro.
«Sì tanta, non è semplice per noi. Ma ho capito, sentito che mi volevi parlare».
«Vuoi un po’ di caffè?»
«Non posso. Comunque se lo prepari mi piace sentirne l’odore mentre borbotta».
«Mamma?»
«Non ce l’ha fatta. Non c’è riuscita. Balla, canta, non vuole più pensieri».
«Papà adesso, che faremo? Io sono allo sbando, terrorizzata per la sorte dei miei figli. Mio marito è un medico, vive in una corsia d’ospedale, mi racconta di pazienti che arrivano in reparto ricoperti di ponfi, di pustole che all’improvviso scoppiano. Infermieri, medici, non sanno cosa fare se non vederli morire tra sofferenze strazianti». Maria riusciva a trattenere i singhiozzi - aveva timore che i bambini si svegliassero - non le lacrime: «Dobbiamo fuggire, vero?»
«Fuggire… per andare dove? Tanto vi scovano anche nel più remoto anfratto del globo».
«E allora parla! La mia famiglia e io cosa diamine dobbiamo fare. Voglio la verità. Adesso che sei morto puoi rivelarlo!» Ma pronunciata quella parola – morto – il volto di Maria sbiancò, ebbe un evidente capogiro tanto da portarsi una mano tremante alla fronte: «Scusami, scusami… non volevo. Ti sei offeso?»
«Offeso? Perché mai. Non devi avere paura di chiamare le cose con il loro nome. Sono fisicamente morto però sono qui a chiacchierare con te. Morte, vita, amore, sono confini labili».
«Pensi davvero che io abbia sbagliato? Io, proprio io che ho fatto della Legge la mia religione» gli chiese nervosa, non potendo accettare un abbaglio tanto macroscopico.
«Amore mio! Vedi, per un padre è sempre difficile dichiarare l’errore di una figlia, forse perché crede che, in fondo, è stato lui per primo a fallire nel non indicare il giusto. Ti sei fidata. Hai creduto a ciò che ti hanno detto».
«Maledizione! Perché non avrei dovuto fidarmi? Non avrei mai immaginato che tutte quelle persone che credevo morte per malattia erano state invece assassinate. Con calcolo razionale, in maniera disumana».
«Come te ne se accorta?»
«Oh… ero nell’ufficio del Presidente per fare il punto della situazione, ha ricevuto una chiamata sul cellulare e, cosa molto strana, si è allontanato per rispondere. Non sapevo come passare quei pochi minuti e ho preso a sbirciare sulla scrivania, a un tratto mi è capitata sotto gli occhi la scritta ‘Massima segretezza’».
«Mica ti sei messa a leggere?»
«No… cioè sì… mi ha preso una curiosità frenetica, nella cartella c’era un messaggio del Ministro della Salute, ho pensato di non riuscire a leggerlo in tempo prima del ritorno del Presidente così l’ho fotografato con il mio di cellulare».
«E allora?»
«Quando sono tornata in ufficio non credevo ai miei occhi».
«Maria vuoi raccontarmi o…»
«Resta, ti prego! È tutto molto difficile per me. Ecco il messaggio» disse allungandogli il cellulare «leggilo».
«Leggilo tu, piano, scandendo le parole. Sai che non posso leggerlo io».
«Scusami, ci provo: ‘Presidente, la nuova tipologia di guerra procede a gonfie vele. Attraverso l’inoculazione del farmaco l’abbattimento della popolazione ha raggiunto e superato! il venti per cento, al di là di ogni più rosea previsione. La sottomissione e l’inconsapevolezza lasciano sperare che i frutti miglioreranno e noi, in tempi brevi, riusciremo a crearci intorno il Mondo che desideriamo. Mi spiace però sottolinearle che nel territorio di sua competenza i risultati non sono in linea con quelli globali. La esorto quindi a intensificare la propaganda per l’induzione alla somministrazione utilizzando la metodologia solita: aumento del numero dei contagiati e maggiori restrizioni personali. Nella certezza dell’applicazione scrupolosa di quanto indicato le comunico che noi, i Superiori, stiamo raggiungendo vertici di Potere e detenzione delle risorse economiche, idriche e artistiche del Pianeta mai sfiorati prima. Attendo sue etc. etc.’ » e Maria ruppe in singhiozzi, alti, incontenibili.
«Ti hanno scoperto? Sanno che hai violato i loro segreti?»
«Credo di sì: ci sono videocamere dappertutto ma non m’importa. Io! Tua figlia, ti ho ucciso. Ho ammazzato te e la mamma. Vi ho esortato, convinto che dopo la somministrazione sareste stati meglio, immunizzati da ogni pericolo».
«Hai creduto alle parole dei potenti di turno. Un errore imperdonabile».
«Ma io ho studiato! Mi sono laureata per lavorare al servizio dello Stato, essere un difensore della Legge. Io credo nella Repubblica e non ho mai fatto niente di male. Quando ho scoperto che era tutto un trucco sono rimasta basita. E disgustata».
«È per questa tua onestà che mamma e io siamo orgogliosi di te. Fatto sta che ti hanno turlupinato. Uno solo è affidabile e tu non ti abbandoni mai tra le sue braccia. Ricorda, figlia mia, che rimanere pecore è colpevole quanto essere lupi».
«Papà, che verità racconterò ai miei figli? se camperò abbastanza da poterla tramandare…»
«La Verità. Non ti aspettare che la Verità sia accettata. È ammantata da cento, mille, diecimila veli e menzogne a cui tutti vogliamo credere. Conquistare il coraggio di vivere in primo luogo significa mentire a noi stessi, piegare la realtà alla nostra rappresentazione. Accudire tutte le nostre sicurezze. La Verità è la cosa più scomoda che esista».
Piangeva sommessa mentre il chiarore del giorno schiariva e non schiariva le idee. La fronte poggiata sul vetro e la delusione opprimente di chi non ha capito le pesava sullo stomaco vuoto, contratto. La notte lunga, travagliata, era trascorsa suo malgrado veloce. La luce le chiedeva di decidere.
Si sentì abbracciare con tenerezza le spalle, il marito, dolcemente, la costrinse a guardarlo in viso: «Parlavi con lui?» Maria accennò di sì con il capo e si divincolò dalla stretta, prese a rassettare la cucina, a pulire la macchinetta del caffè: «Ti ha consigliato qualcosa… » insistette Roberto.
«Di non fuggire, è inutile».
A quelle parole Roberto crollò sulla sedia più vicina, come avesse ricevuto una dose equina di anestetico che gli piegava le ginocchia: «Ci faranno fuori, senza pietà».

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