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Maria Rosaria Scala

Avvocato, esperta 

in diritto del lavoro. 

Torna l’ombra delle trivelle in zona flegrea.

Rocce che si aprono squarciate da lingue di vapore. Nuvole di zolfo, laghi di fango, bolle e potentissimi getti di geyser. Potrebbe sembrare l’ingresso dell’inferno e invece è una delle bocche del supervulcano dei campi flegrei. La Solfatara con il suo paesaggio lunare e il Vesuvio con la sua imponenza non sono così suggestivi come l’area di Pisciarelli, ad Agnano, quartiere napoletano alle spalle dell’area flegrea. Davanti a questa zona c’è Bagnoli, quartiere popoloso ed ex area industriale posta sotto sequestro per una mancata bonifica realizzata solo sulla carta e costata milioni di euro, un’operazione che secondo i pm della procura di Napoli ha addirittura peggiorato la situazione ambientale dell’area. Proprio in quella zona venne previsto e in parte realizzato un progetto di deep drilling e cioè di trivellazioni. Si tratta come ha spiegato più volte l’Ingv (istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) di un progetto internazionale di ricerca scientifica, che ha come obbiettivo il miglioramento della conoscenza della struttura vulcanica e dei meccanismi di attività, con particolare riguardo ai fenomeni bradisismici, attraverso l’installazione in pozzo di sistemi di monitoraggio innovativi. Per L’Ingv il progetto non presenterebbe alcun rischio.
Il 14 giugno 2020 da giorni in via Scarfoglio ad Agnano continuano a levarsi fumarole da un geiser artificiale nel cantiere della Geogrid,frutto di un progetto in collaborazione con l' Università degli Studi di Napoli Parthenope, Università degli studi di Napoli Federico II, Università degli Studi del Sannio, Università della Campania Luigi Vanvitelli, C.N.R (Consiglio Nazionale delle Ricerche), Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
Un progetto di trivellazione per lo sfruttamento dell’energia geotermica avviato,non è chiaro con quali autorizzazioni e soprattutto come si potrebbe realizzare in una delle aree a maggior rischio sismico e inserita a pieno titolo nel Piano di emergenza nazionale per il rischio vulcanico». Cantiere fermato d’imperio, qualche giorno fa, dal sindaco di Pozzuoli Vincenzo Figliolia che, allarmato dalle proteste dei cittadini, ha mandato la polizia municipale. Ma una volta sospesi gli scavi restano colonne di vapore alte diecine di metri che rilasciano «non meglio identificate» polveri e «nemmeno sulla qualità dei fumi si sa ancora nulla».
Deve essere fatta chiarezza una volta per tutte su chi abbia autorizzato le trivellazioni. «I tecnici, dopo il sequestro disposto dal Comune di Pozzuoli, hanno lasciato le fumarole dalle quali fuoriesce un getto potente sempre attivo che proietta nell’aria un condensato che si deposita sulle auto oltre a un insopportabile odore di zolfo. Non si hanno informazioni sulla composizione chimica dei gas sprigionati né sul condensato». Non sarebbe da sottovalutare nemmeno la pericolosità dei fanghi prodotti e lasciati in bella vista il cui smaltimento soprattutto in quest’area di caldera dovrebbe richiedere una procedura diversa dalla reiniezione nel sottosuolo. Quindi é stato chiesto all’Arpac, alla Regione e alla Protezione Civile nazionale di accertare subito cosa sta succedendo cominciando da analisi del terreno e dell’aria e che non venga messa a repentaglio la salute e l’incolumità dei cittadini.
Ascoltando tecnici esperti come il professor Giuseppe Mastrolorenzo chiediamo tutti gli elementi utili a verificare i rischi del caso: dalla possibilità di esplosioni freatiche alla fuoriuscita di anidride carbonica, ovvero si tratta di sapere se questo scavo abbandonato ora ne produce quantità tali da compromettere la vivibilità di una conca dall’equilibrio già precario» su cui insistono già i fumi dell’area Pisciarelli.
I cittadini flegrei che sono a conoscenza della vicenda sono seriamente preoccupati dell’eventualità che possa trattarsi di sostanze nocive. I tecnici dell’Istituto di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) accorsi sul posto non hanno potuto far nulla, il cantiere è chiuso e «abbandonato», non hanno trovato nessuno ad aprirgli i cancelli.
Da giorni i cittadini che si trovano nei dintorni dei kaiser sono costretti a sopportare un forte odore di zolfo che provoca bruciore alla gola seriamente preoccupati per la salute chiedendo un intervento risolutivo. Non è possibile che in una zona densamente abitata, sismica e vulcanica, si possa mettere in piedi un progetto del genere senza tenere minimamente in considerazione la sicurezza e la salute pubblica».
Finora le trivellazioni si sono svolte ad una profondità di circa 500 metri. Non tutto il mondo scientifico però si schiera per il progetto: una serie di vulcanologi, e altri studiosi mettono in evidenza la pericolosità dell’azione in un’area così delicata. «Minime sollecitazioni come una perforazione possono innescare grandi effetti perché la caldera dei Camp Flegrei è un sistema molto instabile - spiega Giuseppe Mastrolorenzo vulcanologo dell’Ingv di fama internazionale -. Con delle ricerche negli ultimi decenni abbiamo dimostrato che anche una piccola fratturazione in profondità, si possono innescare processi di amplificazione di infiltrazione dei fluidi nelle rocce, aumenti di temperatura e deformazioni del suolo».
Qui anche una piccola perforazione può indurre processi bradisismici, sequenze sismiche.
Data la natura di criticità del sistema,perforazioni in profondità potrebbero innescare anche un processo di fratturazione che potrebbe portare ad un’eruzione. Non possiamo collegare con certezza i due eventi ma un anno e mezzo fa, dopo le trivellazioni a Bagnoli, si verificò una sequenza sismica di oltre 200 scosse in poche ore. Ribadisco che non è possibile allo stato mettere con certezza in correlazione le due cose ma questo fenomeno ci dice chiaramente quanto il sistema sia instabile. Nelle Azzorre, pochi anni fa, è stata fatta una trivellazione simile a quella eseguita a Bagnoli in un’area vulcanica e lì (la notizia è stata tenuta sotto silenzio), ci fu un’esplosione e intorno al pozzo esploso ci sono state delle fratture che hanno devastato l’area per centinaia di metri e ora stanno raggiungendo città vicine. Questo anche perché non sappiamo nel tempo dopo sollecitazioni di territori con queste caratteristiche cosa possa avvenire».
Con il sequestro dell’area per la mancata bonifica le trivellazioni si sono fermate. Dopo un esposto firmato da alcuni comitati di cittadini e in particolare dal comitato rischio vulcanico, il pm Stefania Buda ha aperto un fascicolo e sta indagando su tutta l’operazione. La sua attenzione si concentra in particolare su due filoni. Uno che riguarda prevalentemente l’aspetto economico e della spesa pubblica e l’altro invece che si concentra proprio sulla pericolosità dell’operazione.
L’inchiesta si inserisce in quella più ampia che ha portato al sequestro dell’ex area Italsider. Per quanto riguarda il primo filone, gli inquirenti stanno verificando se e come siano stati impiegati fondi pubblici e se eventualmente ci siano stati sprechi con particolare attenzione alla regolarità delle procedure. Il secondo filone invece prende in considerazione una serie di studi nelle aree vulcaniche che evidenziano la pericolosità di determinate operazioni in certe zone. Nel fascicolo del pm viene richiamata una ricca casistica internazionale, ci sono anche decine di studi e una serie di consulenze che evidenziano la pericolosità delle perforazioni per la vicinanza del centro abitato. In particolare in una delle consulenze della procura, viene chiarito che dal punto di vista scientifico quel tipo di trivellazioni sarebbero poco utili non potendo fornire informazioni aggiuntive rispetto a quelle già acquisite negli anni e tenendo conto anche che in quell’area c’erano già state trivellazioni tra gli anni ‘70 e ‘80. Il consulente dunque conclude che non c’è alcuna necessità scientifica di questo tipo di perforazioni. Un altro aspetto indagato dalla procura riguarda l’inquinamento: essendo quell’area fortemente inquinata ed essendo stata interessata da una «finta bonifica», gli investigatori stanno verificando se anche le trivellazioni possano aver peggiorato la situazione in relazione ad eventuali contaminazioni delle falde. I cittadini dell’area già qualche anno fa, si organizzarono per contestare l’operazione.
Abbiamo solo rassicurazioni generiche dall’Ingv. Non sappiamo come sono stati spesi i soldi e se fossero soldi pubblici. In questo caso sarebbe interessante capire perché non siano stati spesi per la sicurezza dei cittadini e per un piano di evacuazione, visto che si parla sempre di mancanza di risorse. Sono state chieste spiegazioni sia al Comune che a chi dell’Ingv ha voluto questo progetto, per avere dei chiarimenti, ma nessuno ci ha dato risposte esaustive».«Se ci fosse un’eruzione sarebbero a rischio oltre 3 milioni di persone per le quali non ci sarebbe scampo - aggiunge Mastrolorenzo, vulcanologo dell’Ingv – Insieme con la collega Lucia Pappalardo hanno scoperto che tra il Vesuvio e i Campi flegrei c’è un unica camera magmatica e quindi un’eventuale evento avrebbe proporzioni incredibili. Siamo difronte ad un supervulcano, uno dei più pericolosi al mondo, non c’è un serio piano di evacuazione e in più si cominciano operazioni che non sappiamo quali fenomeni possano innescare. Il principio di precauzione dice che se non conosciamo come si può evolvere un fenomeno innescato dall’uomo, bisogna evitare di agire».

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