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Enrica Leone

Docente e scrittrice

Un’eccezionale normalità: autobiografia di Lello Marangio

La disabilità può essere una tragedia mentre l’ironia può diventare la sola vera cura per sopportarla e raccontarla.

Al mio segnale scatenate l’infermo, autobiografia comica di Lello Marangio, umorista e autore teatrale, ci regala un racconto disincantato e acuto di una vita da disabile vissuta con straordinaria normalità. 
È un testo, questo di Marangio, che ci invita a confrontarci col tema della disabilità senza il manto della retorica che, oltre a mascherare verità scomode, spesso offende più di un’ingiuria. Nel racconto di vicissitudini emblematiche della sua vita, l’autore regala momenti di autentica ilarità, sorrisi sinceri che tuttavia non nascondono riflessioni amare. 

In questo libro c’è la sintesi della mia vita, di gran parte di ciò che mi è capitato in quanto disabile (…) il tutto visto attraverso la lente speciale dell’ironia, la sola vera risorsa che si sia rivelata valida per affrontare le cose belle e brutte, stupende e insopportabili che il tempo riserva a chiunque, anche se difettoso. Ma chi di noi non lo è? Forse è questa la domanda di fondo che serpeggia in tutto il libro e che, tra una risata e un po’ di sana commozione, l’autore ci pone. Lello rivendica il diritto a essere guardato nella sua complessità, nel suo portato di desideri e angosce, speranze e delusioni, proprio come qualsiasi altro essere umano. Dagli aneddoti narrati emerge chiara una verità, ovvero che il pietismo che spesso si riserva alle persone disabili, offende anche più di un insulto, perché subdolo alibi a una sostanziale indifferenza.

Tante sono le persone che popolano il mondo di Marangio, personaggi spesso inconsapevolmente importanti, come i responsabili del lido che improvvisano una passerella per permettergli di arrivare al mare; l’esaminatore di scuola guida che rischia la vita per fargli prendere la patente (uno dei momenti più esilaranti del libro); la dolce giovane vicina che lo inizia ai piaceri del sesso. Su tutti spicca però la figura di mamma Titina, lei sì una vera guerriera, una donna che mai si è rassegnata all’idea che il figlio dovesse vivere una vita da diverso.

Una volta, mentre mia madre mi battipannava, una sua amica disse : ‹‹Titina, ma come, picchi anche lui che è disabile?›› E lei rispose: ‹‹Certo, le deve avere anche lui, altrimenti capisce di essere diverso››.
Aveva ragione la signora Titina, perché la diversità come difetto è spesso negli atteggiamenti e negli sguardi altrui. Talvolta ciò che veramente serve è solo un po’ di sana, rilassata “normalità”, anche se significa prenderle di santa ragione.

Lo aveva capito Titina, con la semplicità dei suoi pochi strumenti culturali, che a volte sono un ostacolo più che un sostegno, perché intralciano l’istintività dell’amore con i dubbi della ragione. Tuttavia anche a questi bisogna dare spazio, perché il tormento più grande per un genitore con un figlio disabile è il pensiero assillante del dopo. Chi si occuperà di lui o di lei? chi si prenderà cura delle sue necessità quando io non ci sarò più? Queste domande inquietano la vita già complicata di tante famiglie perché viviamo in una società inclusiva solo sulla carta. Quanto è ancora difficile per un disabile muoversi autonomamente in città senza incappare in ogni forma di barriera architettonica? Può oggi una persona con disabilità prendere un treno o un autobus senza problemi? La risposta è un NO grande quanto il difetto di civiltà in cui sprofondiamo ogni volta che non facciamo di queste battaglie un fatto personale.

Tante cose può metter in circolo un libro ben strutturato e Al mio segnale scatenate l’infermo, edito da Homo Scrivens, è un libro coraggioso, onesto, da leggere perché ancora oggi l’impresa eccezionale è essere normali. 
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