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Vittoria Gheno

Attivista politica

Viviamo un tempo difficile.

Liberismo, capitalismo e consumismo – risposte sbagliate ed opprimenti ad una globalizzazione di cui non abbiamo saputo cogliere il volto umano – avvincono le nostre vite. E poi il Covid – 19, come un nuovo cigno nero a ricordarci la caducità della nostra esistenza e a restituirci per un attimo la consapevolezza della nostra natura comunitaria attraverso la sua negazione (il distanziamento sociale).
Tuttavia, questo periodo non ci renderà migliori: ben presto ci dimenticheremo di tutto ciò che avremmo potuto e dovuto imparare: e chi prima stava meglio continuerà a vivere bene, chi stava male probabilmente vivrà peggio. Il virus lascerà sul campo la disgregazione.
E lo sappiamo, le tendenze totalitarie si annidano lì dove ristagna la sofferenza delle persone, si appellano alla frustrazione non per dare risposte alla precarietà (sanitaria, lavorativa, economica ed infine esistenziale), ma per coltivare il proprio tornaconto. È di fronte alle fragilità sociali che s’ha d’avvertire l’urgenza della solidarietà, della mobilitazione e del riscatto nel nome dei principi liberi e democratici che informano il nostro essere tutti cittadini (italiani, europei, del mondo). Ora più che mai dobbiamo farci custodi degli ideali della Costituzione e riscoprire il valore più vero dell’Antifascismo come momenti della “Liberazione dell’uomo dalle paure e dai dogmi”.
Notizie distorte che alimentano il caos, il continuo mettere alla berlina il ricordo della Resistenza, gruppi che si ispirano al ventennio che tornano sempre più spesso a popolare le nostre piazze e le nostre strade (o a occupare immobili di proprietà dello Stato), la cancellazione – per la prima volta nel nostro Paese, mentre altrove ancora si lotta per la sua introduzione – della clausola antifascista dalla richieste di occupazione del suolo pubblico, l’incalzante gettare discredito sulle Istituzioni democratiche: sono provocazioni preoccupanti che ci richiamano al dovere morale di consapevolezza del passato per arginare le derive che offuscano il presente e il futuro.
Come? Serve uno sforzo collettivo.
Della stampa che non deve mai dimenticare la propria vocazione civica, civile, culturale, “pedagogica”, che non dovrebbe mai prestare il fianco ad istanze (vedi necrologi vari) per i quali in tanti non avremmo la libertà di scrivere, di pensare, di agire. È questo il senso democratico e libero dell’informazione.
Della politica che non si deve chiudere in posizioni di partito, di convenienza o di opportunità: s’ha da scegliere chiaramente da che parte stare tra democrazia e tirannide, tra libertà e sopraffazione, tra solidarietà e violenza.
Delle istituzioni scolastiche, ma in realtà di tutto il sistema Paese che le deve mettere nelle condizioni (didattiche, strutturali, economiche) di continuare a trasmettere (con più serenità) ai e alle giovani l’attualità dell’Antifascismo e l’importanza di tornare a praticarlo perché è – prima di tutto – libertà di essere sé sessi.
Di tutti noi che, anche se quest’anno non ci siamo potuti trovare in piazza per celebrare la Festa delle Liberazione, comunque abbiamo cercato di vivere dei momenti di comunità. E la ragione è che il 25 Aprile non è – come vorrebbe convincerci qualcuno – un momento di folklore, ma uno stato dell’anima che dovrebbe vivificare ogni persona democratica.
“Il Fascismo è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili” scriveva Umberto Eco ricordando il dovere di smascherarlo. Perché non si può abbassare la guardia e non si può permettere a qualcuno di fare ciò che si fece in nome degli ideali del Ventennio. L’Antifascismo è l’esercizio quotidiano dello spirito democratico, del ritrovarsi nella solidarietà, del riconoscersi eguali in nome della Giustizia e della Libertà che scacciarono “la schiavitù e l’ignominia”. Furono queste le novità dei resistenti che fecero sì che non fossimo trattati come degli sconfitti: la capacità di porre al centro la persona e l’umanità, di costruire e condividere saperi plurali, di immaginare un’Italia diversa 
“Libertà e Liberazione sono un compito che non finisce mai”, scriveva ancora Eco. E solo così potremmo tornare a costruire un nuovo Paese.

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